Federico II, Cremona, le cronache

Dal 1197 al 1250. Da Sicardo allAntegnati. Dal trionfo del popolo alla prima signoria. Dal favore per la chiesa a quello per limpero. Dallalleanza allo scontro con Parma. Dalla moralit cittadina alletica politca.

Prima di Federico

Il 28 settembre 1197 muore Enrico VI imperatore [1]. Il quadro politico, generale e locale, si presenta, dalla specola cremonese, con motivi di incertezza e di forte tensione. Nota il vescovo Sicardo che Gioacchino da Fiore, qui spiritum habuit prophetandi, annuncia i tempi imminenti della profonda crisi del regno di Sicilia e della stessa istituzione imperiale, con il protrarsi di uno scisma. E la profezia ben si avvera! Intanto, in loco, il pericolo rappresentato dalle mire egemoni di Milano richiede il completamento della fortezza di Genivolta, alla quale, per impulso dello stesso vescovo, gi da un anno si lavorava, ad honorem et utilitatem palatii Cremonensis [2]. Sicardo, la citt e il comune, nesso profondo e solidale; nel fondo la crisi imperiale.

Lanno, poi, si chiude con una altro fatto degno di ricordo per un cronista. Il 13 dicembre in SantEgidio muore improvvisamente Omobono Tucenghi, gi in fama di santit in citt, durante la messa mattutina, e subito alla sua tomba si moltiplicano i miracoli [3]. Anche in questa occasione il nesso intimo vescovo-citt spinger Sicardo, a capo di una folta delegazione di concittadini, nel chiudersi dellanno successivo, a Roma, a perorarne presso il neo eletto Innocenzo III la canonizzazione. Al ritorno i membri dellambasciata porteranno a Cremona lannuncio rivolto al podest ed al popolo che limperatrice Costanza ha nominato il pontefice tutore di Federico, re di Sicilia, in tenerissima et [4].

Il momento grave. In citt la tensione politica al livello di rottura. I popolari, che si sentono gravemente discriminati in seno al comune, asperitate temporis in ira comoti, si eleggono un proprio podest nella persona di Cremosiano Oldoino [5]. Negli immediati dintorni Piacentini e Parmensi sono in lotta per Borgo San Donnino; Milanesi e Cremonesi per Crema e lInsula Fulcheria, Bergamaschi e Bresciani per altri luoghi [6]. Sempre, nel fondo, la duplice elezione imperiale crea contrasti in Germania e in Italia.

His quoque temporibus fuit quidam Cremone vir simplex, fidelis plurimum et devotus, nomine Homobonus; a cuius obitu et ad cuius intercessionem Dominus huic [mundo] multa miracula declaravit. Eapropter Romam peregre proficisciens presentiam summi pontificis adii et canonizationem, quam petebam obtinui [7].

La missione romana di Sicardo sembra proprio aver la funzione di stringere tutti nella devozione univoca al santo Omobono, superando le forti tensioni che agitano vicendevolmente in citt le parti, la citt intera nei confronti delle citt antagoniste, e quelle conseguenti la presa di posizione di Cremona nei riguardi dellimpero. E lobiettivo viene raggiunto con facilit. Il 12 gennaio 1199 Innocenzo III comunica a Sicardo ed ai Cremonesi il suo parere favorevole circa la canonizzazione di Omobono [8]. La fama del santo si diffusa, fra laltro, ben oltre Cremona, tanto che Salimbene sente la necessit di ripetere Sicardo al proposito [9].

Un motivo di possibile turbamento dei rapporti, fino a questo momento sostanzialmente buoni, tra vescovo-citt ed Innocenzo III rappresentato dal risorgere della vecchia questione di Guastalla e Luzzara. Il 13 febbraio labate di S. Sisto di Piacenza si rivolge al neo eletto, e non ancora consacrato, papa per il recupero di quei territori, che i Cremonesi avevano legittimamente acquistata nel 1192 con denaro da Enrico VI. Innocenzo delega per la questione il vescovo di Reggio, Pietro [10]. Daltra parte lintervento del pontefice va visto nel quadro del tentativo di generale pacificazione tra le citt emiliane e lombarde, e quindi non specificatamente diretto contro i Cremonesi [11]. Vano tentativo, perch le ragioni che oppongono citt a citt risultano troppo condizionate da fattori squisitamente locali perch lazione del pontefice possa avere efficacia duratura [12].

Infatti nel maggio immediatamente successivo Milanesi e Piacentini cum tota sua et gente amicorum si recano a Borgo San Donnino per impossessarsene, ed il podest Cremosiano insieme ai Pavesi, con i rispettivi carrocci, li affrontano e li mettono in fuga [13]. Un altro scontro avverr in ottobre presso lo sbocco dellAdda nel Po, a Castelnuovo, con medesimo risultato [14]. Fin da ora possibile rilevare una delle costanti per gli anni seguenti: la continuit degli schieramenti che fanno capo rispettivamente a Cremona ed a Milano [15], cio ben prima che le citt padane siano chiamate a decidersi pro o contro Federico di Svevia. Gi lHaverkamp ha notato che il contrasto fra Milano e Cremona nellepoca sveva costitu per Piacenza il pi rilevante elemento di continuit [16], e lo stesso potrebbe dirsi per molte citt circonvicine. Per dire, fin da ora, che la logica delle alleanze intercittadine, anche se non sempre immutabile, prima e dopo Federico II [17], sta prima cronologicamente, e prevale qualitativamente su qualunque ulteriore scelta ideologica. Salimbene rileva la solidit della coalizione che lega Reggiani, Parmensi e Cremonesi, opposta a quella di Milanesi e Piacentini [18], mentre Sicardo annnota nella sua cronaca che i Veronesi hanno duramente sconfitto i Mantovani il 25 giugno [19].

Poco dopo l8 luglio Innocenzo III ripete la delega al vescovo di Reggio per la questione di Guastalla e Luzzara [20]. Il 31 agosto il vescovo reggiano invia Alderico prete di Cortenova a Cremona con una lettera per il podest Cremosiano Oldoino di citazione. Ma il podest bastona e mette in carcere il disgraziato nunzio vescovile. Alberto Codagnello, notaio piacentino accompagnatore del povero prete, ricorre al vescovo di Cremona. Sicardo invia dei propri messi per la liberazione del prete. Intanto due cavalieri avevano riportato Alderico alla presenza del podest, che, trattenuto a stento minacciava di fargli strappare gli occhi. Il vescovo di Reggio, considerati contumaci i Cremonesi, assegna le corti di Guastalla e Luzzara al monastero di San Sisto [21]. Ma la questione non affatto chiusa. Il 24 gennaio del nuovo anno Innocenzo III ne riaffida la soluzione al vescovo di Modena Egidio. Questi cita in giudizio i Cremonesi il 29 marzo, e quindi, visto che non si presenta nessuno, alla fine scomunica podest e consoli, sottopone la citt allinterdetto ecclesiastico, come comunica al papa il 7 maggio 1201 [22].

Le operazioni militari riprendono a settentrione. Milanesi e Bresciani cum carozis et tota sua parte assediano Soncino per octo dies. Sed evanuerunt in [Rm 1,21] superbia sua, commenta Sicardo. Lesercito cremonese va a Genivolta, mentre i Pavesi attaccano Milanesi e Comensi a Rosate, e fanno gran numero di prigionieri, poi condotti a Pavia. I Milanesi allora si ritirano da Soncino. Ma a meridione i Piacentini minacciosi vanno verso SantAndrea e Busseto; lesercito cremonese lascia Genivolta e senza alcuna sosta va oltre il Po, affronta e sconfigge la schiera piacentina [23].

Lassedio di Soncino segna anche linizio di una fase di turbamenti interni a Brescia: popolari e nobili vengono a conflitto, con conseguenti violenze, deprecate da Codagnello [24], non certo per moralismo, ma per lavvicinamento che causeranno tra Bresciani e Cremonesi. La rete di solidariet che si sta creando intorno Cremona diviene preoccupante per il piacentino. Poco dopo, il 2 agosto, Mantovani e Cremonesi, inter quos diu seditio fuit, osserva compiaciuto Sicardo, si stringono in alleanza [25]. Il 14 settembre i Cremonesi si schierano fattivamente con la parte nobiliare di Brescia: entrano nel suo territorio e dopo una serie di scontri, catturano a Quinzano 77 militi di quella citt. Quattro giorni pi tardi un altro esercito cremonese si impegna nel Piacentino, a San Lorenzo ed a CastellArquato. Lesercito di Porta Pertugio riesce vincitore, tanto da liberare una settantina di parmensi catturati dai nemici, e da far a sua volta molti prigionieri piacentini [26]. Il 9 dicembre il sostegno cremonese, formalizzato con un patto giurato, consente al conte Narisio, che guidava la parte nobiliare, di infliggere notevoli perdite alla parte popolare a Brescia. Sconsolato Sicardo osserva che questo il frutto delle discordie intestine: Nam teste Domino omne regnum in se divisum desolabitur, et domus supra domum cadet [Lc 11, 17] [27]. I due motivi su cui si costruisce ogni cronaca cittadina - e quelle di Sicardo e Codagnello lo sono emblematicamente -, le lotte di fazione allinterno e laggregazione tra le forze omogenee nelle citt vicine allesterno, trovano esemplificazione lineare.

Solidale con Brescia e Mantova, Parma e Reggio, Cremona continua a dover sostenere laggressivit di Piacenza. Il 15 giugno del nuovo anno i Piacentini distruggono la torre di S. Andrea [28]. Dopo una spedizione vittoriosa contro i Veronesi a Marmirolo, a sostegno dei Mantovani, i Cremonesi assediano Fiorenzuola [29], domenica 1 luglio. Alla campagna si annetteva particolare importanza, come sottolinea la gonfia presentazione di Codagnello: Cremonenses cum carocio et cum universa gente eorum et Parmenses cum carocio et cum universa gente eorum et Parmenses cum carocio et cum omni forcia eorum et militia Mantue et Mutine et Regii. Venerd 6 luglio Placentini extraxerunt foras carocium et ea die iverunt obviam inimicis cum ipso carocio et cum omni gente eorum. Il 9 gli assedianti si ritirano, e subiscono perdite gravi [30].

Ben presto la situazione a Brescia si normalizza. Dopo uno scontro a Calcinato, con la cattura del carroccio della parte popolare, portato a Cremona [31], facta est pax inter Cremonenses, Pergamenses communiter et Brixienses, inter quos fuerat tanta sedicio, quod nec gladio parcerent nec incendio. Sicut enim multa mala oriuntur ex bonis initiis, sic Deus ex malo elicit aliquando bonum. Tutto bene quel che finisce bene, la morale consolatoria di Sicardo [32]. Il patto di alleanza con i militi bresciani verr formalmente stretto il 28 settembre [33].

Eppure, nonostante che tutto sembri evidenziare linutilit del tentativo, continua incessante lazione di Innocenzo III per la pace in Lombardia. Il pontefice incarica allo scopo Filippo arcivescovo di Milano, Sicardo vescovo di Cremona e il priore camaldolese Martiono. Come gi notava lHolder-Egger, la presenza dei due pi autorevoli sostenitori degli opposti schieramenti, insieme ad un personaggio neutrale, sembrava offrire buone granzie di successo. I tre erano giunti ad un accordo sostanziale, ma poi il 1 settembre nella chiesa di San Pietro a Pirolo Sicardo denunciava ai legati delle citt che erano dalla parte di Cremona che il vescovo di Milano e il priore di Camaldoli non avevano voluto dar corso agli accordi presi, per seguire altre vie. Vie che Sicardo non giudicava percorribili, ragion per cui da quel momento egli si disinteressava della questione [34]. Il che deve avergli attirato le ire di papa Innocenzo, perch in novembre il pontefice scrive ai vescovi di Parma, Obizone, e di Bergamo, Lanfranco, per ricordar loro che i Cremonesi erano scomunicati, e per incitarli a molestare comunque, anche con atti concreti, Sicardo. Ma intanto concede al vescovo di Cremona di celebrare i divini offici, nonostante linterdetto. Allora Sicardo, probabilmente, giudica lHolder-Egger, pens di lasciare la citt. Pare infatti volesse partecipare alla crociata in preparazione [35].

Lanno 1202 segna linizio di un periodo di notevoli mutamenti. Intanto nonostante i Cremonesi, come si visto, non avessero per nulla ceduto sulla questione di Guastalla, scomunica ed interdetto sono revocati [36]. Quindi accade che il 31 marzo si stipuli una pace tra Milanesi, Piacentini e Pavesi [37]. Ma soprattutto tra il consolato di Cremosiano Oldoino, di questanno, e di Corrado Sommi, del 1211, siamo, con le parole del Gualazzini, allinizio di un nuovo periodo in cui il fondamento della partizione sociale era pi nella politica, che nelleconomia [38]: da classe sociale il populus si muta in partito. Altrettanto, in fondo, potrebbe dirsi della nobilt... [39]. Ancora una volta il riferimento al santo Omobono, il cui corpo trasferito in quei giorni dalla chiesa di SantEgidio in cattedrale [40], assume valori emblematici. Nel giugno Cremonesi e Piacentini firmano un accordo; Sicardo gioiosamente vede aprirsi un periodo di pace e di zelo religioso: quasi iubileo fere in tota Lombardia treugue vinculantur in lustro. In quo lustro maximus fuit motus peregrinorum euntium ultra mare [41]. Il 6 agosto i podest di Cremona Guarizone de Micara ed Aimerico Dodoni si interpongono come arbitri in una questione fra Parma e Reggio [42].

Successivamente al 2 settembre per tre anni Sicardo, non pi menzionato nelle carte cremonesi, con tutta probabilit alla crociata [43]. Dopo la presa di Costantinopoli, nel 1204, dicono gli Annales Cremonenses, ben mille cremonesi vi si recarono per custodire la citt [44]. Il 16 dicembre 1205 Sicardo risulta rientrato a Cremona [45].

Per i due anni che seguono i cronisti hanno scarsa materia su cui soffermarsi: lerezione del palazzo comunale nel 1206 [46], la stipula di una pace tra le fazioni dei militi e del popolo a Brescia, con lintermediazione dei Cremonesi, il 27 ottobre 1207 (ma una certa avversione nei confronti dei Cremonesi a Brescia rimase [47], e di l a poco avr modo di manifestarsi).

Federico re

Nel 1208 si compone lo scisma imperiale con la morte di Filippo di Svevia [48], ma si chiude anche per la Lombardia quel lustro di pace di cui si era compiaciuto Sicardo. Nellaprile una legazione di milanesi, piacentini ed altri della loro parte, si reca a Brescia e chiede al podest Guido Lupo, a militi e popolari, di entrare con giuramento nella lega lombarda che essi vanno costituendo. Il podest, a detta del Codagnello, cum in civitate illa quedam turpia et inhonesta commisisset, rifiuta, ed anzi propone di tenersi ben saldi nellalleanza con Cremona. Unde tam milites quam pedites eiusdem civitatis Brixie commoti nimiumque turbati predictum iuramentum omnes concorditer fecere preter XXX vel XL eiusdem terre milites, qui cum eadem potestate de ea civitate turpiter exiere. I fuorusciti si impossessano di Pontevico. Quindi, ut homines modice fidei et tacti maligno spiritu lo cedono ai Cremonesi, motivo di grave disdoro per Cremona, continua a notare Codagnello. Quindi chiedono laiuto dei loro alleati, in particolare del marchese Azzo dEste, che fraudolenter teneva dallanno precedente Verona e Ferrara. Il 5 giugno i Cremonesi con un notevole esercito si preparano ed entrare in territorio bresciano. Militi di Milano e Piacenza corrono a Brescia, e mettono in fuga il marchese dEste. I Cremonesi non osano muoversi, fino a che Milanesi e Piacentini non se ne sono tornati nelle loro citt. Allora penetrano devastando in terra bresciana. In luglio ambasciatori milanesi e delle citt alleate raggiungono Cremona, chiedendo la restituzione di Pontevico ai Bresciani; i Cremonesi rifiutano, ed il podest e gli altri consiglieri offendono gli ambasciatori di Milano, sostenendo che i Milanesi non erano uomini donore. La risposta immediata: il 12 foras extraxerunt carocium, infinitum exercitum per se et amicos eorum militum et peditum facere statuentes, con lintenzione di entrare decisamente in territorio cremonese, per universam fere provintiam Italie tam intrinseci quam extrinseci innumerabiles de districtu Mediolani pro equis et iumentis et armis bellicis pergentes et ementes. Il 15 i Cremonesi suum similiter extraxere carocium; Parmensi ed altri alleati il 17 suum simili modo extraxere carocium. Milano invia a Brescia 600 militi ed atrettanti pedites, e promette di affrontare i Cremonesi. A fine settembre Milanesi e Bresciani sorprendono i Cremonesi a Pontevico, e catturano 400 tra milites et pedites, poi condotti a Brescia [49].

In ottobre Cremonesi e Mantovani si alleano contro i Bresciani [50]. Devessere una anacronistica anticipazione la testimonianza di Salimbene, che tra gli avversari dei Cremonesi, legati a Veronesi, Ferraresi, Modenesi, Mantovani, mette gi in questanno i Parmensi, insieme a Bolognesi e Reggiani [51].

Degli importanti mutamenti politici e costituzionali del 1209 gli Annales Cremonenses ricordano ben poco: Horum tempore illi de cita nova coniuraverunt simul, quibus populares civitatis veteris favebant, et illi maxime vicini Sancti Pantalionis [52]. La divisione delle parti politiche diviene divisione concreta dellarea cittadina: Citt Vecchia, dei nobili, e Citt Nuova, dei popolari, con prevalenza delle famiglie nobili nella vecchia, e di artigiani e commercianti nella nuova [53]. Del lavorio sociale e legislativo che sta nel fondo, e di cui dobbiamo la ricostruzione al Gualazzini [54], in realt nessun segno. Per quanto possa sorprendere il tema del confronto con le citt circostanti ha grandemente la meglio sulla dinamica interna nellinteresse dei cronisti. Ci si potrebbe chiedere se furono essi a non rendersi conto dellimportanza della partita che si giocava in casa, o se lo storico moderno a caricare di peso, eccessivamente ed arbitrariamente, le questioni cittadine. Comunque stiano le cose un fatto che per chi intendeva tramandare ai posteri i fatti importanti della storia di Cremona, le rivalit interne assumevano un rilievo solo nel momento del confronto violento. Dopo di che esaurivano ogni attrattiva.

 Barocio de Burgo, console di Cremona, scrive ai Mantovani affinch, secondo le clausole del patto, si uniscano nel giro di pochi giorni ai Cremonesi per la spedizione contro i Bresciani [55]. Ma in aprile giunge in Lombardia il patriarca di Aquileia Wolfgero, legato di Ottone, re dei Romani, per ricevere lattestato di fedelt allimperatore da parte delle citt-repubbliche italiane. I Milanesi sono i primi a giurare; seguono Pavesi, Piacentini e Cremonesi; quindi il patriarca va a Brescia, fa pace fra le fazioni interna ed estrinseca; libera i prigionieri cremonesi; infine, voluntate ambarum partium, nomina podest Ottobono da Genova [56].

Ottone viene in Italia, ed coronato a Roma il 4 ottobre [57]. Sicardo preannuncia: Coronatus contra patrem, coronatorem suum, et contra matrem ecclesiam et contra regem Sicilie pupillum, cui preter ecclesiam non erat audiutor, sese confestim armavit [58]. A differenza di altre citt, che furono a lungo per Ottone, gi a Cremona si guarda con sospetto al nuovo imperatore, e con tenerezza al giovane re di Sicilia, che ha nella sola chiesa il suo difensore. appena il caso di ricordare che Sicardo vive e scrive ben prima che i rapporti tra Federico ed il papato si guastino.

Per il momento la storia parallela, delle lotte di fazione in citt, dei rapporti intercittadini, e delle vicende dellimpero al di fuori, subisce nel 1210 solo brusche accelerazioni.

Per quel che riguarda la situazione in Cremona, ormai si chiusa una fase, e se ne apre unaltra: nel trentennio, circa, che corre tra il 1183 e il 1210, era intervenuta una profonda evoluzione sociale in Cremona. In fondo si era venuta creando una nuova nobilt cittadina, costituita da quelle famiglie che avevano una ormai lunga tradizione consolare, tradizione che aveva concorso a dar loro maggiore lustro, ma anche un maggiore prestigio di comando [59]. La parte popolare un comune nel comune, ma in chiara posizione subordinata [60]. La sostanza dei fatti del 1210 ricordata dallanonimo annalista:

Post hunc Mateus de Corigia, Parmensis civis, ellectus est potestas, et illi de cita nova eligerunt Guilielmum Mascalium. Et sic sedicio magna facta est inter illos de civitate nova et inter iillos de civitate veteri, et civilia bella plura simul fecerunt. Tandem composicio facta fuit per episcopum Sicardum. Idem Guilielmus in publica concione iuravit precepta ipsius domini Matei potestatis comunis Cremonensis, que male observavit [61].

I nobili eleggono podest il parmense Matteo di Corrigia, i cittanovani Guglielmo Mastalio. Viene invocato da entrambi le parti Sicardo come arbitro. L11 marzo il vescovo decide che i popolari abbiano un terzo delle magistrature, conferma Guglielmo Mastalio come loro podest, ma gli impone di prestare obbedienza a Matteo di Corrigia. Ma larbitrato non sortisce leffetto auspicato. Il 12 le parti si scontrano apertamente [62]. I combattimenti avvengono davanti a SantEgidio. I cittanovani riparano nella torre dei Mastalia, situata nelle vicinanze. Il 13 di nuovo Sicardo si interpone. Si pacificano gli animi e Guglielmo, domenica 14, giura fedelt al podest della citt vecchia [63].

Ottone tiene una dieta a Parma. Sicardo presente, e successivamente accompagna limperatore a Borgo San Donnino, dove testimone ad una concessione imperiale al monastero cisterciense di Chiaravalle della Colomba il 13 aprile [64]. Agli inizi di maggio limperatore giunge a Cremona, accolto magnificamente dai cittadini [65]. Ma non conferma loro il possesso di Crema e dellinsula Fulcheria stabilito da Enrico VI; sorvola sulla questione di Guastalla e Luzzara. I Cremonesi costituiscono un corpo di 50 militi che accompagni Ottone contro Federico re di Sicilia [66].

Partito Ottone si riaccende la lotta in citt. Il 1 luglio, poich il Mastalio non tiene fede ai patti, si ha un nuovo scontro di fronte a SantEgidio. Il podest popolare respinto. Il 3 si riaccende la battaglia, prima davanti a San Leonardo, quindi a San Mattia, ed a San Vittore; Mastalio rimane sempre soccombente [67].

Ottone inizia le operazioni militari nel regno di Sicilia, e papa Innocenzo il 18 novembre lo scomunica e scioglie i sudditi dallobbligo di fedelt. Invia inoltre il suo cardinal legato Gerardo, eletto vescovo di Alba, per eccitare le citt lombarde contro Ottone. I Cremonesi per primi abbandonano limperatore [68]. Gli Annales Cremonenses legano strettamente i turbamenti interni, la spedizione imperiale, la scomunica, la rivolta dei Cremonesi, che aiutano il marchese dEste a rimuovere il podest imperiale di Ferrara Ugo di Worms:

Post ipsum Gandolfus de Castelonovo Veronensis in Cremona ellectus potestas. Cuius tempore civille bellum in Cremona supra Basalarium fuit, et fuit vicinia Sancti Pantalionis, que favebant Citanovanis, capta, rebus omnibus denudata. Eodem tempore fuit imperator excommunicatus, pro eo quod intravit in Apuliam ad persequendum et ad exheredandum Federicum regem, filium condam Henrici, cui preter Romana ecclesia nullus erat audiutor [Sicardo]. Eodem tempore Cremonensis populus in servicio marchionis Extensis navigio perexerunt Ferariam et fugaverunt Ugonem de Guarmasio potestatem Ferrarie et pro ipso Oddone imperatore [69].

Nel maggio 1211 Sicardo accompagna il legato pontificio a Modena, diretto a Bologna, nellintento di stacccare i Bolognesi da Ottone. Il cardinale aveva gi scritto a Gerardo vescovo di Bologna che nessuno in citt fornisse aiuto a Ugo di Worms o ad altri per recuperare Ferrara, sotto pena di scomunica. A Modena giungono legati bolognesi, che il 20 gli chiedono di non entrare in Bologna, per evitare spaccature in citt tra i sostenitori di Azzo e quelli di Salinguerra, e visto che erano molti i desiderosi di prestare aiuto al podest imperiale per il riacquisto di Ferrara. Sicardo e il legato papale dunque si ritirano da Modena, luno a Cremona e laltro a Parma, ed i Bolognesi rimangono fedeli ad Ottone [70].

Il 7 giugno Innocenzo III scrive agli arcivescovi dItalia ed ai vescovi di Lombardia affinch ripetano la scomunica di Ottone; il 6 luglio linvito ripetuto proprio a Sicardo, con laggiunta che la chiesa cremonese era sottratta alla giurisdizione della chiesa di Milano, poich i Milanesi, che vivente Filippo avevano favorito Ottone, erano ancora dalla parte dellimperatore. Rinascono le antiche alleanze, questa volta a ruoli invertiti: i Cremonesi ora dalla parte del papa, ed i Milanesi, Piacentini, Cremensi, Alessandrini, Ezzelino da Romano, Salinguerra, che avevano seguito il papa nellavversione a Filippo, ora a lui disobbedienti. Il 29-30 luglio Cremonesi, Veronesi, i militi bresciani estrinseci, Ferraresi ed Azzo dEste si alleano. E dopo che i Cremonesi hanno concluso la pace tra le due parti a Brescia, tutti i Bresciani aderirono al patto con Cremona il 6 marzo 1212.

Intanto intorno a met anno alcuni principi tedeschi eleggono re dei Romani Federico, re di Sicilia, con lapprovazione del papa  (addirittura mandato domni Innocentii pape, dice lAnonimo piacentino) [71]. Appena lo seppero i Cremonesi riconobbero il nuovo re. Federico invocato in Germania [72].

Il 16 dicembre muore a Cremona il cardinal legato Gerardo, sepolto in cattedrale. Innocenzo III nomina Sicardo ed il vescovo di Vercelli Aliprando legati apostolici. Domenica 18 si combatte ancora in citt: la parte della citt vecchia devasta la zona di San Pantaleone, che favoriva i cittanovani [73].

Nel gennaio 1212 Ottone viene dalla Puglia in Lombardia, e a Lodi curiam quasi celebravit inanem, dice Sicardo (e ripeter Salimbene): il papa aveva gi suscitato contro di lui il marchese dEste, i Pavesi, i Cremonesi ed i Veronesi, che non intervennero alla dieta; parteciparono comunque rettori cittadini della parte dei milanesi, ma nessun vescovo. Allora limperatore il 24 dichiar Crema citt libera, invalidati i diplomi dei precedenti imperatori, Federico I ed Enrico VI, con i quali si attribuiva il suo possesso ai Cremonesi. Risponde il papa con lettera del 16 aprile al vescovo di Parma Obizzo, che attribuisce a Sicardo anche quella parte di giurisdizione che la chiesa di Parma aveva su Crema [74].

La relazione dei fatti di Codagnello sottolinea il ruolo di Milanesi e Piacentini da un lato, dei Cremonesi e di Azzo dEste dallaltro, quasi che costoro fossero i reali arbitri dellimpero, oltre la volont del papa e dei principi tedeschi:

Cumque dominus imperator in Sciciliam proficisci pararet, legati atque canzellarii fratrum et amicorum eius de Alamania ac Mediolani et Placentie ambaxatores ad dominum imperatorem perexere ei denuntiantes dominum papam et quosdam Alamanie principes, marchionem de Heste et Cremonenses et eos omnes de eorum parte Rogerium Federicum pro imperatore et domino elegisse et coronam ei dedisse et promisisse, dominum imperatorem instanter admonendo et suppliciter rogando, ut ad propria omnibus dimissis redire deberet [75].

Ottone nel febbraio1212 inglorius igitur Alamaniam intravit [76].

Federico imperatore

Entra in campo Federico, che parte da Messina alla volta della Germania. Da Roma per nave a Genova, dove arriva il 1 maggio, quindi accompagnato da Berardo arcivescovo di Bari, dal legato papale, da Guglielmo marchese di Monferrato, Riccardo di Sambonifacio, legati cremonesi e pavesi attraverso il marchesato del Monferrato ed Asti a Pavia, dove entra il 21 luglio. La sera del 28 i Pavesi con Federico da una parte, ed i Cremonesi col marchese Azzo dallaltra, si dirigono come daccordo al Lambro. La mattina di domenica 29 i due gruppi si incontrano al fiume. I Cremonesi accolgono entusiasti e scortano a Cremona il re e pochi altri, fra cui larcivescovo di Bari e il conte di Sambonifacio, ed il 30 entrano in citt. Poco pi tardi arrivano i Milanesi, quando Federico ha appena passato il fiume, e mettono in fuga i Pavesi. Federico rimane a Cremona per tre settimane [77]. Domenica 19 agosto parte per Mantova, Verona, Trento, ed infine la Germania [78]

Sicardo accompagna Federico nel viaggio da Cremona a Mantova. Qui il 22 agosto, grato per laiuto appena offerto, lo svevo conferma a Cremona i privilegi del nonno e del padre a riguardo di Crema e dellInsula Fulcheria, e fa formale promessa a Berardo arcivescovo di ribadirla una volta incoronato imperatore. Latto ripetuto a Verona il 25. Probabilmente Sicardo lo aveva seguito fin qui, e forse lo accompagn fino a Trento [79]. Quello stesso giorno i Pavesi rinnovano lalleanza con Cremona [80].

Azzo dEste promuove una lega fra Verona, Cremona, Brescia e Ferrara in soccorso di Pavia, contro Milano e Piacenza; parallelamente agli alleati viene richiesto un  impegno contro eventuali ritorni dei Montecchi a Verona e di Salinguerra a Ferrara [81].

Il 15 febbraio 1213 a Ratisbona sono presenti legati cremonesi, pavesi, veronesi, quando Federico, secondo la promessa fatta, conferma ai Cremonesi i privilegi degli avi imperatori, e comanda al vescovo di Trento di ingiungere ai Cremensi di obbedire al comune di Cremona, ed ai Milanesi di non opporsi. Inoltre costituisce il vescovo di Trento come suo legato e vicario in Lombardia, Marca Veronese, Tuscia e Romagna, e ne scrive il 16 alle citt interessate. Il vescovo trentino comunica ai Cremonesi di aver affrontato la loro questione presso il re e la sua prossima venuta in Lombardia con un esercito ai primi di maggio. Effettivamente viene tra marzo e aprile, ma senza armati. Per mezzo di nunzi ingiunge ai Milanesi di liberare i pavesi catturati al Lambro, ed invita presso di s le altre citt alleate di Milano affinch prestino giuramento di fedelt a re Federico. Non essendosi presentato nessuno, il 2 maggio bandisce a Cremona, alla presenza di Sicardo, Milanesi, Piacentini, Laudensi, Cremensi, Novaresi, Vercellesi, Alessandrini, Tortonesi. Lo stesso giorno un console di Cremona invita i Parmensi, secondo i patti, ad accorrere in aiuto dei Cremonesi. Il 19, ancora alla presenza di Sicardo, Pietro di Malusio, giudice del vescovo di Trento, ribadisce il bando sovrano contro gli avversari del re [82].

Tra il 26 ed il 31 i Cremonesi cum carocio et cum universa gente eorum et fortia, si dirigono a Crema; si accampano tra Serio e Serio Morto presso Castelleone [83]. Il 2 giugno, giorno di Pentecoste, li assalgono milanesi con militi piacentini, laudensi, novaresi, cremensi, comensi, estrinseci bresciani, alessandrini, vercellesi. Dapprima hanno la meglio i Milanesi, ma poi i Cremonesi li volgono in fuga, catturando anche il carroccio milanese, e quasi 3000 cavalieri. Magnifica gloria per Cremona, secolare vergogna per Milano [84]. LAntegnati ricorda liscrizione posta sul muro esterno del palazzo comunale:

Hic predicti clipei                           Clari monumenta trophei  
         Per Christi dona                                Capti victrici Cremona  
         Cum Mediolani                              Populus spe captus inani  
         Magnicis urbis                            Animis armisque superbis  
         Nos impugnavit                   Quos nostra modestia stravit.
[85]

Sullabbrivio del successo appena ottenuto, il 25 dello stesso mese Cremonesi, Mantovani, Reggiani e Modenesi compiono unincursione vittoriosa a Caorso [86].

Il 9 gennaio del 1214 Sicardo non risulta pi legato apostolico. Il 21 marzo i massari cremonesi Negro di Oldoino arcidiacono e Dominetto arciprete della cattedrale, non presente Sicardo, affidano la croce del carroccio milanese catturato nella battaglia di Castelleone alla conservazione in cattedrale [87].

Nellestate riprendono le operazioni militari. Tra 10 giugno e 5 luglio Cremonesi, Parmensi e Reggiani devastano il Piacentino intorno a Castelnuovo ed a Fiorenzuola [88]. Ancora Cremonesi e Parmensi a Fiorenzuola il 29 agosto [89]. Ed infine con maggiore impeto il 5 ed il 6 settembre Cremonesi e Parmensi a Cortemaggiore, Fiorenzuola, fino a San Protasio [90]. Oltre che nel Piacentino il podest Guido de Regis, reggiano, guid le milizie vittoriose cremonesi anche nel Cremasco [91].

Luned 8 giugno 1215 muore Sicardo [92].

Sempre vittoriosi i Cremonesi entrano devastando a pi riprese nel Piacentino, ma sono fermati sul Po [93]. Il 5 agosto un consistente esercito di cremonesi, parmensi, modenesi e reggiani assedia Castelnuovo, ma l11 deve ritirarsi per il sopraggiungere di rinforzi milanesi [94]. Il 31 una spedizione cremonese contro Crema si risolve in una sconfitta [95].

Lanno si chiude con un tentativo, promosso in novembre dal papa a Roma, di pacificazione tra le parti favorevoli rispettivamente ad Ottone ed a Federico, cui partecipano vivamente interessati anche Milanesi e Piacentini da un lato, e Cremonesi e Pavesi dallaltro [96].

Lanno successivo si apre per i cronisti con levento straordinario della gelata del Po [97]. Il 26 agosto Cremonesi e Parmensi devastano il territorio piacentino; ed al ritorno i Cremonesi da soli prendono Pontenure, quindi se ne tornano a casa cum multa preda et multis captivis [98]. Il 27 un potente corpo di spedizione cremonese, milites et pedites cum omni gente et forcia eorum et cum cariolis si accampa a Castelnuovo. Il giorno successivo si uniscono Parmigiani, milites et pedites cum cariolis et cum omni gente eorum, e Modenesi e Mantovani. Domenica 28 dilagano oltre Fiorenzuola, ed il luned fanno il campo tra Carpaneto e Ceriano. Il giorno 30 vanno verso Pontenure saccheggiando e bruciando. Placentini autem milites et pedites ea die summo mane usque ad Montale equitavere ibidemque usque ad horam none moram fecerunt. I Piacentini, accorrsi in forze, non ottengono risultati; anzi si debbono ritirare inseguiti dai nemici. Sopraggiungono rinforzi milanesi, e Cremonesi e Parmensi cominciano a cedere, ma alla fine resistono egregiamente. Il 31 uno scontro successivo sembra essersi concluso alla pari [99].

Mercoled 31 maggio 1217 a Piacenza si conclude un patto giurato di pace tra Milanesi, Piacentini e loro alleati da un lato, e Pavesi ed alleati, eccetto i Cremonesi, dallaltro [100]. Il 7 giugno i Milanesi decidono una spedizione contro Cremona, ed il 20 danno inizio alloperazione. Cremona chiede laiuto di Verona [101]. Il 27 consistenti forze piacentine si uniscono ai Milanesi a Lodi. Il 28 sono a Crema, mentre i Milanesi si accampano a Romanengo, espugnando il castello di Trigolo [102]. Il giorno successivo Piacentini e Milanesi sono insieme di fronte a Genivolta, che prendono e devastano [103]. Il 30 prendono Soresina, Grontorto, Casalmorano, Annicco [104]. Quindi la volta, il giorno seguente, di Azzanello. Il 2 luglio vanno verso Casalbuttano, dove sono i Cremonesi, che alla vista dei nemici si ritirano, lasciando il territorio circostante nella mani devastatrici dei nemici: Cignone, Corte dei Cortesi, Bordolano, San Vito, Monastirolo. I Piacentini mettono a ferro e fuoco i dintorni di Casalmorano [105]. Agli scontri partecipano dalla parte dei Cremonesi, Parmensi, Reggiani e Modenesi, e, dalla parte di Milanesi e Piacentini, Comensi, Novaresi, Vercellesi ed Alessandrini [106]. Luned 3 Milanesi ed alleati sono tra Genivolta e Soncino. Il 4, su proposta del podest di Cremona, si stabilisce una tregua di due giorni. Mercoled 5 i nemici di Cremona ancora devastano il territorio intorno a Soncino; gioved 6 la spinta offensiva si esaurisce [107]. Venerd 7 gli eserciti invasori sono a Cortenuova; sabato 8 i Piacentini fanno ritorno a Lodi, col proposito di tornare nella loro citt [108].

Il 1 febbraio 1218 i consoli di Piacenza concordano una tregua con Parmensi e Cremonesi [109], ma poi laccordo sconfessato dai Piacentini perch stipulato senza il consenso dei Milanesi [110], ed anzi si torna alle ostilit. Marted 24 aprile Piacentini e Milanesi concordano una nuova campagna contro i nemici di sempre. Domenica 29 Cremonesi e Pavesi accettano la sfida [111].

Il 19 maggio di quellanno muore Ottone IV [112].

Venerd 1 giugno i Milanesi attraversano il Po e si uniscono ai Piacentini presso Pontenure; sabato 2 si accampano a Salamora; domenica 3 dedicata alla celebrazione della Pentecoste. Marted 5 fanno il campo a Santa Croce. Il 6 Santa Croce e Ardola sono prese e distrutte, ed il territorio devastato. Si fanno loro incontro Cremonesi, Parmensi, Modenesi, Reggiani ed altri alleati. Gioved 7 Milanesi, Piacentini e loro alleati dirigono a Zibello, dove stanno asseragliati i nemici. Alla sera la sconfitta dei Milanesi evidente [113].

Sabato 9 Milanesi ed alleati prendono Busseto; domenica 10 si accampano a Borgo San Donnino; luned 11 ottengono qualche parziale successo nei dintorni; mercoled 13 la spedizione si conclude [114].

Ai primi di luglio liniziativa passa ai Cremonesi, che risultano inarrestabili a Fiorenzuola, Lusurasco, Villa San Lorenzo. Gioved 5 scorrono per la valle dellOngina e dello Stirone fino a Borgo San Donnino. Contemporaneamente alcuni militi di Fiorenzuola e di Piacenza, con unincursione nel territorio cremonese lasciato sguarnito, catturano buon numero di prigionieri [115].

Ancora lanno si chiude con un tentativo di pacificazione patrocintato da Onorio III, e portato a conclusione dal cardinale Ugolino vescovo dOstia, il futuro Gregorio IX: il 15 novembre, a Lodi, Milanesi, Piacentini ed alleati promettono obbedienza al cardinal legato circa la pace con Cremonesi e Parmensi, ed il 2 dicembre si impegnano con giuramento [116].

Nel 1220 Reggiani, Parmensi e Cremonesi assediano il castello di Gonzaga, tenuto dai Mantovani [117].

In novembre Federico di Svevia incoronato imperatore a Roma da papa Onorio [118].

Il 1221 lanno del radicale mutamento dei rapporti di Cremona con Piacenza. Dopo decenni di contrasti fra le due citt, allinizio di aprile il cremonese Belengerio Mastagio eletto podest di Piacenza [119]. In seguito allintervento pacificatore del cardinal Ugolino, e la podesteria, di ritorno, del milanese Ottone Mandello, che causa un tumulto nel novembre [120], il legame tra Piacenza e Cremona si rinsalda [121], tanto che, quando lanno successivo viene eletto per volont del legato imperiale come podest il cremonese Gherardo da Dovara, la fazione nobiliare, che gli rifiuta obbedienza, si sceglie un podest pure cremonese, Iacobo da Borgo [122]. Cremona, Piacenza e Parma sostanzialmente si muovono solidali. Il giorno di Natale, quando alle nove di mattina un forte terremoto colpisce la Lombardia intera, Enrico Avvocati cremonese entra podest a Parma [123]. L8 febbraio 1223 i Piacentini giurano di stare alle decisioni del comune di Cremona circa le discordie fra le loro fazioni. Sabato 18 marzo il podest di Cremona, il parmense Gherardo Terzo da Cornazzano, ingiunge a Gherardo da Dovara di lasciare la podesteria e di rientrare a Cremona; cosa che fa il mercoled successivo [124]. La domenica identica ingiunzione viene fatta a Iacobo da Burgo, e Iacobo rientra a Cremona il giorno dopo. Il 23 aprile il podest di Cremona richiede quattro consoli alla parte nobiliare e quattro a quella popolare perch si accordino sulla scelta del podest. Ma laccordo non si trova, ed allora domenica 26 il podest sceglie una nuova commissione, formata da tre della fazione nobiliare ed altrettanti di quella popolare. Finalmente venerd 31 divina misericordia concorditer elegerunt in potestatem communis Placentie dominum Nigrinum Marianum, virum nobilem et sapientem civitatis Cremone, che in quel momento era podest a Modena. Domenica 7 maggio Nero Mariano fa il suo ingresso ufficiale nella carica a Piacenza [125].

Nella rinnovata guerra tra Mantovani e Reggiani, i Cremonesi, alleati coi Reggiani, vedono affondate il 1 maggio dai Mantovani al Bondeno un centinaio di piccole imbarcazioni che trasporavano sale [126].

Con la coronazione imperiale a San Pietro si apre, per lAnonimo piacentino, la grande stagione di Federico II imperatore; stagione di tribulationes, bella, angustie et tormenta, ma comunque stagione luminosa, durante la quale le citt che da lungo tempo mancavano di un sicuro riferimento allimpero, finalmente trovarono il loro faro: civitates, loca et magnates qui in gratia imperatorie maiestatis antiquitus fuerunt, cum imperialis excelencie potencia apparuerit, ad eandem gratiam liberrime inclinabunt [127].

Si rinsaldano nel 1224 i legami di Cremona con Parma e Piacenza: Orlando di Ugone Rossi, parmense, podest di Cremona [128], mentre Ugo Angagnola, cremonese, eletto podest a Piacenza [129].

Nel 1225 Cremona ha due podest, entrambi pavesi [130]. A Piacenza, milites et populares concorditer, dice il non sospetto Codagnello, eleggono podest Lombardo Guazzoni cremonese [131]. Un altro cremonese, podest a Reggio, ottiene una tregua tra Reggio e Mantova [132].

La nuova lega lombarda

Il 1226 lanno cruciale per le citt padane, che devono scegliere se essere favorevoli o contrarie a Federico di Svevia. Lavvento di un milanese alla podesteria di Piacenza un primo segno della rinnovata fluidit del momento [133]. Improvvisamente quei cronisti che non hanno mai fatto cenno, se non insignificante, fino a quel momento allimperatore, sono costretti a farne il protagonista centrale della propria storia. Senza alcuna preparazione, il dissenso aperto dello svevo nei confronti di alcune citt, fra le pi importanti della Valle Padana, e viceversa, appare in tutta la sua gravit. Lanonimo annalista cremonese, tra gli altri, al tempo della podesteria del veronese Guglielmo da Lendinara, ricorda la venuta di Federico a Cremona, senza neppure indicare la data precisa (26 giugno). Quindi fornisce un rapido concentrato degli avvenimenti dellanno:

Eodem tempore coniuraciones et societates illicite coniuraverunt et conspiraverunt simul contra imperatorem et ad eius coloquium venire contempserunt. Pro quo idem imperator apud Burgum Sancti Donini ipsos imperiali banno banivit et eos crimine lese maiestatis reos pronunciavit et iudices et notarios ipsorum cassavit et marchiones et capitaneos eorum deposuit et omnibus legiptimis actibus et iurisdictionibus illos privavit. Eodem anno papa Honorius reconciliacione facta precibus apud ipsum imperatorem instans, idem imperator omnia revocavit, et Lunbardie coniuraciones Vc millites per duos annos suis expensis eidem imperatori ad succursum Terre Sancte dare promisserunt, quod minime observaverunt, MCCXXVI [134].

Chi si limitasse alla lettura di queste righe sarebbe condannato ad una conoscenza del tutto epidermica degli avvenimenti. Ma non certo il rigore e la profondit dello storico moderno dobbiamo chiedere a questi, per altro modesti, cronisti del Duecento, non lecito. Il nostro compito, invece, di accertare il tipo di sensibilit di cui dettero prova: non la registrazione pi o meno fedele della essenzialit dei fatti, ma con quali occhi i fatti vennero visti e, soprattutto, presentati ai contemporanei. Ora, la rinata lega lombarda per il cronista cremonese illicita; la reazione dellimperatore secondo la legge; il ruolo mediatore del pontefice tenta di superare lo scontro additando a tutti la superiore necessit della crociata. Ma stupisce che il cremonese non elenchi le citt che si ritrovarono nella lega, e non tanto le lontane Faenza, Treviso o Torino, quanto piuttosto quelle con le quali negli anni immeditamente trascorsi Cremona aveva avuto ragioni di contrasto o di accordo: Milano, prima di tutto, ma poi in ordine decrescente par intimit di rapporti, Piacenza, Mantova, Brescia, Bergamo, Verona, Lodi, Vercelli, Bologna, Alessandria, Vicenza, Padova. Quasi che la compattezza dellamplissimo schieramento che si formava fosse tutto sommato trascurabile, e non costituisse alcuna novit da segnalare rispetto a quanto gi si era visto negli anni passati. In effetti, la dieta che Federico aveva fissato per la Pasqua 1226 con sede a Cremona, aveva lobiettivo di chiarificazione dei rapporti tra impero e citt italiane, ma non esclusivamente: si sarebbe dovuto parlare anche delleresia, e della crociata. La scelta di Cremona gi doveva aver creato sospetti per chi gravitava nellorbita milanese, e la decisione di non partecipare allassemblea mostrava allevidenza che il giovane imperatore non incuteva poi eccessivo timore, privo comera e di consolidato prestigio e di forze militari consistenti.

In ogni caso si tratt veramente di un momento cruciale della vita di Federico, poich ne scatur uninterminabile ribellione lombarda e ne nacquero infiniti travisamenti, sia tra i contemporanei che tra gli storici moderni [135]. I cronisti sono consapevoli della gravit del momento, ma possono mettere a fuoco solo in scala ridotta, e comunque non certo nei termini di una esatta collocazione del ruolo destinato al regnum Italicum nel complessivo quadro imperiale, e personale di Federico [136]; al massimo, come dir Codagnello, il timore quello di essere consegnati nelle mani dei Tedeschi. Il sospetto dei Milanesi a proposito della scelta di Cremona come sede per la dieta comprensibile [137], ma sono le interpretazioni milanesi ad essere viziate da un difetto di miopia, non le scelte dellimperatore, che in quel momento in realt non parteggia per le une contro le altre. Il problema di Federico non , per il momento rappresentato dallautonomia di fatto delle citt, ma dalla sostanziale estraneit delle citt ad un quadro imperiale, fra laltro tutto da ridefinire, vista la situazione dopo Costanza. Il proposito imperiale , per il momento, ripetiamo, quello di presentarsi e funzionare come supremo arbitro, superando i contrasti intercittadini con il richiamo alla sua eminente autorit [138]. Cosicch il vero fraintendimento risiede nella diversa lunghezza donda su cui sono sintonizzati citt e imperatore.

La dieta si tiene come stabilito, e come previsto si discute di eretici, di crociata e di concordia fra le citt; ma la partecipazione tuttaltro che quella voluta, e una decisione su quei grandi temi non presa. Nessuna citt della lega manda un suo rappresentante. La conta dei fedeli poco pi che miserabile: Genova, Lucca, Pisa, i marchesi Malaspina, Modena, Reggio, Parma, Cremona, Pavia, Asti, Como. Contrariato Federico va a Borgo San Donnino, e qui si celebra, per Codagnello, la nefanda congiura tra Cremonesi ed imperatore, degna di essere cantata, ed esecrata, in un breve poema [139]. I Cremonesi vi appaiono protagonisti. Vogliono dare la Lombardia in mano ai Tedeschi, ed inducono Federico a entrare in quella terra piena di uomini intelligenti. Questi decide di venire in preda al ben noto furore teutonico. Sed Lonbardi sunt astuti, e compresero appieno le perfide macchinazioni dei Cremonesi. I Milanesi si stringono in alleanza con i Piacentini, Faentini, Bresciani e Bolognesi. Ipse venit cum furore / Sed recessit cum dolore, per aver prestato fede ai fatui [140] cremonesi. Va a Ravenna, dove celebra la Pasqua, in aprile, e per tutta la primavera raccoglie alleati. Intanto i Bolognesi fortificano la loro citt, e rivolgono inviti a tutti gli amici di prepararsi alle armi, nel fermo proposito di opporsi al passaggio imperiale. Federico si rende conto di non poter raggiungere la fatua Cremona, e ingiunge a tutte le citt di Lombardia di inviargli aiuti militari. Rispondono allinvito Parmensi, Cremonesi, Pavesi, che si recano a Modena, ma nel timore dei Bolognesi non proseguono oltre. Intanto gli onesti Veronesi sbarrano il passo al figlio dellimperatore Enrico, che veniva in aiuto del padre. Gioved 7 maggio Federico ancora a Ravenna; l8 a Faenza; il 9 va a Imola; luned 11 a Medicina; marted 12 costretto da un diluvio dacqua a rimanervi; mercoled 13 Imperator furiosus cavalca verso Bologna, e si accampa tra Bologna e Modena; quindi va a Modena dove rimane fino a domenica 17, quando arriva a Reggio. Militi e popolo a Piacenza si stringono vicendevolmente. Luned 18 limpius a Parma. I rettori delle citt lombarde si ritrovano a Mantova, dove anche papa Onorio invia suoi legati. Federico rimane a Parma fino al 13 giugno; domenica 14 raggiunge Borgo San Donnino. Intanto Enrico ha fatto ritorno in Germania, lasciandosi alle spalle Trento in fiamme. Federico chiama a s i rappresentanti di tutte le citt dItalia il 24 giugno. Venerd 26 entra in Cremona. Sabato 4 luglio torna a Borgo. Il 10 chiaro che la riunione fallita; l11 limperatore sottopone al bando imperiale i rettori lombardi ribelli; quindi de nocte parte, attraversa il Monte Bardone ed arriva a Pontremoli, dove attende la milizia pisana, che lo scorta fino a Pisa, e nel luglio mette al bando dellimpero e dichiara ree di lesa maest le citt della lega, annullando i loro privilegi [141].

Rappresentazione forsennata e provinciale; ma solo carica di passione? Lofferta compattezza elementare degli schieramenti non risponde affatto alla realt, sicuramente, ma funzionale al credo politico di Codagnello. Tanto nella lega quanto tra i sostenitori dellimperatore erano motivazioni molto variegate, tutte fortemente condizionate da interessi particolari. Genova, ad esempio, a parole devota dellimpero, era ben poco affidabile; Como si difendeva da Milano; Pisa tentava di far dimenticare il favore accordato in passato ad Ottone; Parma, Modena e Reggio Emilia, si difendevano da Piacenza e Bologna agli estremi; si trova perfino accanto a Federico il marchese dEste, che sarebbe poi stato il principale difensore della lega [142]. Eppure Codagnello non bara consapevolmente: effettivamente cos, nei termini di uno scontro a tutto tondo, ormai si pensava nelluna e nellaltra parte. O meglio, il confronto con Federico di Svevia era sentito come superiore alle ragioni ed agli interessi particolari delle diverse citt. La logica dello schieramento prevale, e qui supera ed ingloba le interne ragioni degli schieramenti minori, tra fazioni, tra famiglie, perfino tra citt.

La dieta di Cremona presentata come lorigine della guerra tra limperatore e le citt dellItalia settentrionale, ed effettivamente lo fu, ma ben oltre le intenzioni del giovane svevo. Se non primario, uno dei temi della riunione doveva essere la crociata. Per quanto nessuno dei testimoni coevi lo dimentichi, appare chiaro che non cera chi fra loro prestasse particolare attenzione allargomento, n lo ritenesse fecondo, n Federico, n Onorio, n le citt, come in fondo osserva lannalista cremonese, per quanto con lintento di sminuire la credibilt delle ragioni opposte dalle citt nemiche di Cremona. Niente mostrava un reale desiderio di rimettere in discussione Costanza da parte di Federico. A Cremona erano stati chiamati i principi tedeschi, ma anche rappresentanti diversi, di Sicilia, Germania e Lombardia. Federico voleva una presentazione ufficiale e pubblica dei sudditi, tutti i sudditi, al loro sovrano. La decisione di non partecipare alla dieta, guidata dalle ragioni, parziali ed esclusive a un tempo, come spesso capita nel Medioevo, condensate da Codagnello, forza gli avvenimenti, suonando come rifiuto aperto dellautorit imperiale, obbligando Federico a quella messa fuori legge dei ribelli, che a sua volta irrigidisce le posizioni. Il programma immediato e centrale di Federico II diviene, senza che alcuno lavesse previsto, lassoggettamento di Milano, impegnando lo svevo in una regione che fino ad allora aveva praticamente ignorato. Ed il papato, da tempo preoccupato del consolidamento del potere imperiale simultaneo nel Nord e nel Sud, intervenne, complicando ulteriormente le cose [143]. Cos vari motivi, linstabilit delle compagini politiche nelle citt, le guerre intercittadine, singole e di alleanza, la crociata, la mancata definizione dei rapporti giuridici fra citt e impero, preoccupazioni papali, si fusero a rendere la situazione complessiva pi gravida di tensione.

Tuttavia, per quanto contrariato, Federico non si irrigid, ed anzi incoraggi lazione mediatrice del papa [144]. In ottobre legati pontifici e nunzi imperiali percorrendo la Lombardia invitano rettori e podest delle citt alla presenza del papa per risolvere la discordia. A novembre gli ambasciatori cittadini si radunano a Bologna, e luned 23 partono per Roma. A dicembre la pace fatta [145], e il 5 gennaio dellanno successivo appare il documento ufficiale di Onorio III. Per quanto di compromesso laccordo almeno lasciava a Federico libera manovra per la crociata [146]. Ma anche la crociata un fallimento, colpa una serie di epidemie che colpirono i molti radunati in Puglia per il passagium. Ad ogni modo Federico partir comunque, ed un qualche successo lotterr, se non altro sufficiente a farlo rientrare nelle grazie papali [147].

Il 18 marzo muore Onorio III; gli succede Gregorio IX [148]. Mentre limperatore lontano, papa e imperatore scompaiono da molte cronache, che tornano a dedicasi ai rinnovati scontri reciproci. Allinizio di ottobre i Bolognesi con fiorentini, faentini, ravennati, imolesi ed altri entrano in territorio modenese e pongono il campo a Bazzano. Venerd 6 e sabato 7 i Parmigiani vengono in aiuto dei Modenesi. Domenica 8 si aggiungono Cremone milites et eius civitatis populares. I Bolognesi prendono due castelli dei Modenesi. Lo stesso giorno un gruppo di militi milanesi, per sostenere liniziativa bolognese ed impedire ai Cremonesi di opporsi, si dirige verso Crema. Dall11 al 19 bruciano, devastano, razziano [149]. Ma intanto i Cremonesi guidati dal loro podest Egidio di Donna Agnese e dai consoli risultano determinanti nella resa del castello di Piumazzo, distrutto il 14. Luned 23 Bolognesi ed alleati sono attaccati, e sconfitti duramente a San Leonardo presso Santa Maria in Strada. Il 24 la campagna si conclude [150].

Col 1229 si inaugura a Cremona un periodo di intensi mutamenti sociali e politici, specchio, come giustamente notava il Gualazzini, di situazioni analoghe in gran parte dellItalia settentrionale [151]. Ma il leitmotiv delle cronache non cambia. Nel luglio 1229, sotto la podesteria di Ugo Lupo, parmense, marchese di Soragna, i Cremonesi vanno in aiuto dei Modenesi contro Bolognesi ed alleati, che assediavano il castello di San Cesario. I Bolognesi avevano raccolto un imponente esercito, ingrossato di ravennati, faentini, imolesi ed altri, e contemporaneamente mandano ambasciatori alle citt della lega perch Milanesi, Bresciani, Mantovani e Piacentini entrino in territorio cremonese e parmense. Tutti si mobilitano. Il 2 agosto parte delle milizie della lega si raduna a Bologna, dove rimane sei o sette giorni. Quindi lesercito si muove verso Santa Maria in Strada, dove si pongono gli accampamenti in attesa degli altri alleati. Dopo otto giorni lesercito entra in territorio modenese e pone lassedio a San Cesario. Il castello cade. Mercoled 5 si accende la zuffa in campo aperto, a lungo incerta. I Bolognesi arrivano quasi a catturare il carroccio dei Parmensi. Intervengono i militi cremonesi ed i Bolognesi vacillano, infine cedono. Il 6 Bolognesi ed alleati si ritirano a Bologna, i nemici li inseguono vittoriosamente [152].

Il 1 luglio 1230 fu eletto podest di Cremona il parmense Bernardo Rossi, sotto il cui regime venne costruita una nuova cinta muraria, da porta San Guglielmo a porta dOgnissanti [153], mentre il cremonese Enrico de Tinti podest a Parma [154]. Lanno successivo ancora un cremonese, Guglielmo Amati, podest a Parma [155].

Nel luglio 1231 il marchese di Monferrato, disperato per la guerra che gli facevano nelle sue terre Milanesi e Vercellesi, chiese aiuto a Pavia e Cremona, ed ottenne promesse che in seguito non vennero mantenute [156]. Ferrario Cane, pavese, eletto podest a Cremona, fa costruire una porta monumentale, allinizio della via che conduce a Pavia.

Torna sulla scena Federico II, il quale chiama a colloquio a Ravenna per la festa di Tutti i Santi i notabili ditalia, laici ed ecclesiastici. Ma non viene nessuno, Lombardi vero spreverunt mandatum eius, e limperatore passa a Ravenna tutto linverno [157].

Il 1 marzo 1232 a Bologna si tiene un colloquio per dirimere la discordia con limperatore. Partono dei legati per Ravenna; ma Federico prima va a Loreto, poi ad Aquileia [158]. Non potendolo raggiungere gli ambasciatori della lega se ne tornano a casa [159].

Mercoled 9 giugno i popolari di Piacenza ed i Cremonesi devastano il territorio intorno a Fiorenzuola. Nei giorni successivi si spingono fino a Lusurasco, Fontanellato, Alseno, Basericaduc, Bagnolo. Domenica 13 lazione si conclude [160]. Un altra azione di guerra, questa volta in servicio Veronensium, viene condotta poco dopo nel Mantovano [161].

Nel 1233, sotto la podesteria di Guglielmo da Foiano, reggiano, seditio magna est orta in civitate Cremonensi, et civile bellum comissum est. Le lotte intestine affaticarono talmente i Cremonesi da spingerli a chiedere a Federico II di nominar loro un nuovo podest. Nel documento relativo una allusione ad un antiquus hostis, che aveva seminato discordie intestine e che aveva tentato di impadronirsi della citt, riferibile per il Gualazzini, sulla base della tarda testimonianza cronistica del Panciroli, al Cavalcab [162]. Anticipazione importante, che indica una linea di tendenza, verso un governo signorile in citt, che si consumer proprio a conclusione della parabola terrena dellimperatore.

Di queste lotte interne non sappiamo molto. Di certo i partiti politici che si affrontavano cos duramente non traevano le ragioni dellopposizione reciproca n nella vetusta ed ormai storiograficamente tramontata semplificazione dellopposizione tra popolari e nobili, n nellappartenenza alle aree ideologiche di papato e impero [163]. E non si trattava neppure di motivi squisitamente locali, anzi. La stretta alleanza di questi anni tra Cremona, Parma, Reggio, Modena, condizionava fortemente anche il quadro politico, tanto che in ciascuna di queste citt il podest esclusivamente tratto da una delle altre citt alleate, una sorta di ceto dirigenziale comune [164]. Esisteva, vero, unalleanza militare e politica fra quei quattro comuni, estesa espressamente o tacitamente anche a Pavia, di qui il motivo per cui troviamo a Cremona, e a Parma alcuni podest pavesi [165], ma il Gualazzini pensa che sia meglio comprensibile allinterno di un disegno di signoria di Cavalcab dei Cavalcab, disegno deducibile dai rapporti di parentela che legano ai Cavalcab gran parte delle famiglie che forniscono i podest [166].

Ma il tentativo allora non si concretizz. Alla richiesta dei Cremonesi Federico rispose inviando il conte Tommaso da Cerra, che rimase in carica dal primo giugno al primo novembre. Il nuovo podest non mut di una virgola la tradizionale politica di alleanza con le citt amiche, in particolare nello stretto sodalizio con la parte popolare di Piacenza [167]. Gli successe Guglielmo dAndito, piacentino e capitano popolare a Piacenza. Con lui si chiude, a detta del Gualazzini un periodo di lotta per la tutela della libert [168].

Il 1234 inizi con un gelo eccezionale. Nonostante il freddo, Guglielmo dAndito guid una spedizione contro i militi fuorusciti di Piacenza sullAppennino. Un importante scontro tra Cremonesi, Parmensi, Pavesi, Placentini e Modenesi, da un lato, e Milanensi e Bresciani, ed alleati, dallaltro, avvenne in territorio cremonese. Si interposero alcuni frati mendicanti (linerzia della forza pacificatrice dellanno precedente evidentemente continuava), e gli opposti eserciti si ritirarono. Poi i Cremonesi condussero una campagna devastatrice in territorio bresciano [169]. I maggiori movimenti di guerra per si ebbero nel Piacentino. Venerd 21 luglio i popolari di Piacenza, col sostegno dellintero esercito cremonese, escono da Piacenza verso Rivergaro, cui pongono lassedio il 23-24. Il giorno successivo i militi piacentini fanno una sortita vittoriosa su di un colle, mentre i nemici attaccano il borgo del castello. I militi piacentini si disimpegnano dal combattimento sul colle ed accorrono alla difesa del borgo, ingaggiando battaglia sul greto della Trebbia. Il combattimento dura fino al tramonto, ma alla fine il borgo conservato dai militi piacentini. Popolari piacentini e Cremonesi si rifanno bruciando a Statto, Scrivellano, Pigazzano, Memegliano, Raglio; ma il tentativo di prendere il castello di Pigazzano non riesce. Domenica 6 gli assedianti si ritirano e la campagna si chiude [170]. In ottobre i popolari a Piacenza eleggono un nuovo podest cremonese, e mercoled 13 dicembre facta fuit pax et concordia et sacramentis firmata inter milites et populum Placentie in publica contione in platea maioris ecclesie congregata, domino Obizone Malaspina marchione potestate militie et domino Bellengerio potestate populi [171]. Un cremonese anche podest a Parma [172]. Federico, intanto, deve risolvere la disobbedienza del figlio Enrico [173].

Nel 1235 i Cremonesi tagliano lOglio al castello di Seniga, catturando ed uccidendo alcuni dei difensori del castello di Pontevico e di Orzi. Cinquecento militi sono inviati dal podest in servicio Mutinensium per unazione offensiva nel Bolognese. Intanto un forte esercito bresciano, insieme a cinquecento militi milanesi, si raduna a Mosio, ed entra nel Cremonese, ma viene battuto in campo aperto tra Rivarolo e Bozzolo [174].

Riappare, lontano, ma con un occhio privilegiato per Cremona, Federico II: Eodem anno imperator Fr[edericus] ab Apulia veniens navigio Alamaniam est ingressus, secum portans infinitum thesaurum. Eodem anno eleffans imperatoris et duo dormidaria venerunt Cremonam [175]. Soprattutto il serraglio dest sensazione. Ricorda Salimbene: misit elefantem in Lombardiam cum pluribus dromedariis et camelis et cum multis leopardis et cum multis gerfalcis et asturibus. et transierunt per Parmam, ut vidi oculis meis, et steterunt in civitate Cremone [176], sottolineando, ut vidi oculis meis, lo spettacolo incredibile [177]. Ancora de mense Madii nuncii imperatoris ab Apulia duxerunt in civitatem Cremone elephantem et duos dromedarios, ripete lanonimo piacentino [178].

La riga telegrafica che lannalista cremonese dedica agli avvenimenti del 1236, imperator venit Cremonam et cepit Mosium et Marchariam [179], banalizza e riduce a ben poca cosa lenorme sforzo operato in quellanno dallimperatore per ridurre alla ragione le citt a lui ostili in Valle Padana. Un poco pi sensibile a cogliere la vera dimensione della campagna imperiale di quellanno si mostra Salimbene, che, gi fatto non del tutto consueto, d un titolo proprio - che anche un giudizio - alla narrazione relativa: De introductione imperatoris in Lombardiam, qui utinam non venisset!. Sono ostili allimperatore Padova, Vicenza, Treviso, Milano, Brescia, Mantova, Ferrara, Bologna, Faenza. Lo sostengono Cremona, citata per prima, Parma, Reggio, Modena. Lesercito imperiale passa Mincio ed Oglio, e prende Marcaria e Mosio, affidandole ai Cremonesi. Va allassedio di Mantova, riceve la dedizione di Gonzaga. Va a Vicenza e la prende il 1 novembre. Fa pace tra Salinguerra ed i Ferraresi. Alla vigilia di Natale i Mantovani recuperano Marcaria [180]. Il giudizio negativo, per il momento, non esplicitamente motivato, ma dalla cruda esposizione dei fatti sembra di dover intendere che consista nella difficolt grave in cui lazione di Federico e dei suoi alleati ha posto le citt della lega. Non tanto, quindi, nellaver posto in crisi la consistenza dellidea guelfa, quanto piuttosto nellaver reso pi debole il coordinamento e la coesione delle citt guelfe. E realmente quella limitata campagna non condusse ad una soluzione decisa, limitandosi a sporadici seppur rilevanti successi, il controllo della via dalla Germania allItalia per la Val Lagarina ed il collegamento con Cremona, tanto che nel novembre Federico si sentiva sufficientemente soddisfatto da lasciare la Lombardia per trascorrere linverno a Vienna [181]. Ma certo un duro colpo alla lega era stato inferto. Piacenza era passata alla parte guelfa; in compenso Bergamo era entrata nellalleanza con limperatore [182]. La pi precisa valutazione della campagna del 1236 si trova per nellanonimo piacentino, che illustra con grande abbondanza di particolari i movimenti degli eserciti, la preparazione diplomatica, i risultati finali, e sostanzialmente con un esatto bilancio [183] Lanno successivo la situazione generale miglior ancora per Federico [184]. Una nuova serie di successi militari delinea con maggiore rilievo agli occhi contrariati di Salimbene la figura imperiale, che obsidendo et capiendo villas et castra ibat et discordias seminando. Fra laltro, anche Mantova passa tra i sostenitori dello svevo. Soprattutto la presa di Montichiari nel Bresciano dest sensazione [185].

La battaglia decisiva doveva venire di l a poco. Dopo Montichiari doveva essere la volta di Brescia. Non riuscendo ad ingaggiare uno scontro risolutivo [186], Federico devast il territorio, spingendo cos lesercito della lega ad affrontarlo in campo aperto. A met novembre 1237 i due schieramenti erano accampati in prossimit di Pontevico [187]. Lo scontro risolutore avviene il 27 a Cortenuova, e fu la maggiore vittoria dellimperatore [188]. I Milanesi perdettero addirittura il carroccio, che Federico poi invi a Roma, e che, nonostante che il papa ne avesse un dolore usque ad mortem, fu posto in Campidoglio [189]. Salimbene invece preferiva creder che il gesto venisse attuato per ingraziarsi i Romani, i quali per preferirono bruciare il carroccio in vituperium Friderici. Venne fatto prigioniero anche il podest milanese, figlio del doge, con gravi conseguenze per limpegno antimperiale di Venezia [190]. Infine pene totam Lombardiam et Marchiam Trivisinam habuit imperator [191]. A Cremona Federico celebr un trionfo degno di un antico imperatore romano vittorioso. La fama della battaglia giunse fino in Renania [192]. Riccobaldo ricorda i versi che accompagnarono linvio del carroccio a Roma:

Urbs decus orbis ave                Victus tibi destinor ave

Currus ab augusto                     Frederico cesare iusto.

Fle Mediolanum;                Iam sentis spernere vanum.

Imperii vires                       Proprias tibi tollere vires.

Ergo triumphorum      Potes Urbs memor esse priorum

Quos tibi mittebant        Reges qui bella gerebant [193].

Offerte di pace vengono da Lodi e Piacenza, ma Federico vuole una resa totale ed incondizionata che nessuno disposto a concedere, soprattutto perch Milano rimane tenacemente lanima della resistenza [194]. Cedono comunque Vercelli e Novara [195].

Con i fidi Cremonesi, il nerbo delle sue forze [196], Federico prepara una nuova campagna nella Marca Trevigiana, e si muove in maggio. Intanto tota Tuscia subdita fuit imperatori, mentre alleati dellimpero devastano lAlessandrino. I Milanesi tentano qualche azione nel Bergamasco [197]. In luglio Federico torna a Cremona, e di qui allassedio di Brescia. Per quanto nei giorni seguenti si radunasse sotto le mura di quella citt un esercito imponente, la citt resistette, mentre i Piacentini ottennero qualche successo contro i Cremonesi a Sud. Ad ottobre Federico torna a Cremona e congeda lesercito [198].

Ormai le posizioni sono chiare, anche nel fraintendimento. Le citt che temevano la perdita della propria libertas in realt temevano che Federico le annullasse nellunico schieramento imperiale. lineluttabilit stessa delle alleanze a sottendere ad ogni decisione. Abulafia giustamente osservava che le citt guelfe perseguivano un falso bersaglio: Gli abitanti di Cremona, Reggio e delle altre citt che si erano sempre dimostrate fedeli non furono cos assoggettati a un rigoroso controllo imperiale, anzi (comera avvenuto con Federico I) si videro confermare la loro autonomia in premio della lealt dimostrata [199]. Nel 1238 la questione non era se esistesse unautorit superiore, ma quali ne fossero le prerogative [200]. Forse ormai le scelte avvenivano per inerzia, dimentichi tutti delle ragioni prime del contendere.

La crociata antimperiale

Il 21 marzo 1239 arriva per Federico la scomunica papale [201]. Gregorio di Montelongo, legato papale, si reca a Milano ed organizza una crociata contro le forze imperiali, che comincia ad agire da Lodi [202]. Dopo una nuova spedizione nella Marca Trevigiana, Federico torna in giugno a Cremona, e la ribellione capeggiata dal marchese dEste e dal conte di Sambonifacio riprende vigore. Anche Ravenna perduta [203]. Milanesi, Piacentini e Genovesi si stringono in patto, e giurano sostegno irriducibile al papa [204]. Alla fine di giungo Federico guida una vittoriosa spedizione nel Bolognese, mentre il marchese Lancia con Pavesi, Vercellesi, Novaresi, Terdonensi ed altri attacca i Piacentini, i Cremonesi combattono a Lodi [205]. Il 12 settembre Federico di nuovo a Cremona, ed il 18 con numeroso esercito attacca Lodi Vecchio, e poi il Milanese [206]. A Cremona limperatore apprende che Como, ed altri centri minori, sono passati dalla sua parte [207]. Tenta unazione di forza contro Milano e Piacenza, ma ottiene solo parziali risultati [208].

Federico parte per la Toscana, e poi per il Lazio [209]. Intanto Ferrara perduta [210]. In luglio Federico nella Marca dAncona, e poco dopo recupera Ravenna, ma poi si blocca  a lungo allassedio di Faenza [211]. La citt cade solo nellaprile 1241 [212]. In luglio Uberto Pelavicino, vicarius imperatoris, riduce alla ragione Pontremoli [213], quindi attacca Genova [214]. Ad agosto muore papa Gregorio [215]. Federico, che muove verso la Puglia, lascia come suo vicario in Lombardia il marchese Lancia, e lo fa podest di Cremona [216]. Il marchese quida i Cremonesi in diverse spedizioni contro Brescia e Piacenza [217].

Nel 1242 vi furono ancora scontri tra Cremonesi, questa volta guidati da re Enzio, e Bresciani, a Quinzano, e con i Milanesi, penetrati nel territorio di Lodi. Intanto il Pelavicino sempre impegnato insieme ai Pisani contro i Genovesi [218]. In quellanno viene eletto al pontificato Innocenzo IV, che si dimostrer irriducibile avversario dellimperatore [219].

Nel 1243 i Cremonesi costruirono Castelfranco, sulla sponda destra dellOglio, contro i Bresciani [220], e sotto la guida del marchese Lancia combatterono vittoriosamente i Milanesi nel Lodigiano [221]. Uberto Pelavicino sempre attivo in Liguria [222].

Il 7 giungo 1244 re Enzio col marchese Lancia guida militi cremonesi, parmensi e reggiani, insieme ad altri tedeschi e pugliesi, fino a tremila, e pochi popolari col carroccio nel Piacentino, devastando Fiorenzuola. Gregorio da Montelongo col marchese di Monferrato, militi milanesi, di Vercelli e Novara giunge a Piacenza. Ma non si arriva ad uno scontro aperto, e dopo poco tutti se ne tornano a casa [223].

Il 1245 lanno del completamento del palazzo comunale di Cremona [224]. Da giugno a settembre re Enzio guida di nuovo soprattutto i Cremonesi in una spedizione devastatrice nel Piacentino [225]. Da Verona Federico raggiunge il 9 luglio Cremona, e quindi Torino [226], dove viene a sapere che il 18 luglio i padri conciliari di Lione lo hanno privato dellimpero e scomunicato [227]. Da Torino di nuovo a Cremona, poi a Borgo San Donnino, a Fontanafredda [228], dove conosce il voltafaccia di Parma, del resto presto di nuovo nelle mani di re Enzio. Si rivolge ad ottobre con i suoi tedeschi, insieme a Toscani, Pugliesi, Pavesi, Bergamaschi e Cremonesi contro Milano, mentre il figlio re di Sardegna, con un altro corpo di militi di Cremona e del popolo e di altre citt imperiali va a Gorgonzola, che prende; ma temporaneamente fatto prigioniero, e sono proprio i Cremonesi a liberarlo (per lannalista cremonese; il popolo di Parma e Reggio per Salimbene), ed a fare a loro volta mille prigionieri fra milanesi e genovesi, condotti poi per ordine dellimperatore a Lodi e torturati. Lasciato Enzio in Lombardia, Federico parte per svernare in Toscana [229].

Nel 1246 Federico elegge podest di Cremona Rinaldo de Machilone [230]. Re Enzio, col valido apporto di militi di Cremona e Pavia domina Parma [231]. Poi tra giugno ed i primi di settembre ancora una campagna contro Piacenza; quindi a novembre con un buon numero di militi di Reggio, Parma e Cremona a Torino, per impedire che gli aiuti inviati dal pontefice giungano ai Lombardi [232].

Il 1247 vede, agli occhi di Salimbene, il culmine delle lotte di fazione nelle citt padane:

Sed hic pretermittendum non est, ut laberintus amodo cognoscatur, quod pars Ecclesie de Mutina extra civitatem suam erat, pars autem imperii in civitate. Idem erat in Regio. Idem processu temporis in Cremona. Et ideo fuit validissima guerra temporibus illis, que multis annis duravit; nec poterant homines arare nec seminare nec metere nec vines facere nec vindemiare nec in villis abitare. Et hoc fuit maxime in Parma et in Regio et in Mutina et in Cremona. verum prope civitates laborabant homines cum custodia militum civitatum, qui per quarterios dividebantur secundum portas civitatum. Et milites armati custodiebant operarios tota die, et rurales operabantur in agricultura. Et hoc oportebat fieri propter beruarios et latrones et predones, qui multiplicati erant nimis [] [233].

Mentre il padre viaggia tra Pontremoli, Cremona, Pavia e Torino [234], con lintenzione di catturare papa e cardinali, prout credebatur [235], re Enzio con il podest di Cremona, Ferrario Cane, pavese, richiesto daiuto dagli imperiali di Brescia, va con un esercito cremonese a Quinzano, che assedia; ma gli giunge la notizia che gli estrinseci di Parma, che avevano trovato rifugio a Piacenza, hanno preso la loro citt, approfittando della lontananza sua e del padre; ed allora, abbandonato Quinzano, va allassedio di Parma. Intanto i Mantovani devastano il Cremonese fino a Casalmaggiore. Federico, furibundus et totus inflammatus ex ira [236], arriva a Parma, e per sostenere lassedio fa addirittura costruire una vera e proria citt, e la chiama beneaugurante Vittoria [237]. Salimbene allora era nel convento dei Minori a Cremona, e conobbe gli avvenimenti con precisione. Re Enzio aveva tenuto un lungo consiglio con i Cremonesi, protrattosi fino al pomeriggio. Presa la decisione, si mangi di fretta e col carroccio alla testa si part. Tutti coloro in grado di combattere uscirono dalla citt, e senza dubbio, pensava Salimbene, se i Parmensi fossero venuti con decisione, la citt sarebbe caduta, visto che chi poteva combattere era partito, e chi era rimasto avrebbe badato solo ai fatti propri, limitandosi a guardare. Dio volle che Enzio si accampasse sotto Parma, attendendo larrivo del padre da Torino, permettendo ai difensori della citt di ricevere continui rinforzi [238]. In realt il quadro pi ampio di quanto non credesse Salimbene. Vasti movimenti di armati si agitano tra lAppennino ed il Po, e molte sono le citt coinvolte. Enzio, insieme ad Ezzelino ed Uberto Pelavicino, guid diverse spedizioni, a Modena, Reggio, che era necessario tenere ben salde per opporsi a Bologna, al passo della Cisa, a Berceto, e fino a Pontremoli. Poi ci si rivolse alla via del Po, in mano a imbarcazioni mantovane e ferraresi. Enzio ed Ezzelino si attestarono presso Guastalla, presero Brescello, fissarono un ponte di barche sul Po [239], che venne in seguito rafforzato [240]: Parma, ormai priva di aiuti per la via dacqua [241], era costretta a continue sortite [242]. Per circa due mesi la situazione rimase inalterata. Anche Salimbene si rese conto che lo scontro era a tutto campo, tra Chiesa e Impero: Erat enim valida guerra et intricata et periculosa. Nam res publica contra Ecclesiam cum suis sequacibus vivaciter insurrexerat et e converso [243].

Lo stallo stanc molti: diversi alleati nei due campi abbandonarono Parma, e qualcuno pass nello schieramento avverso [244]. A gennaio mor lelefante di Cremona [245]. Il 18 febbraio, mentre Federico era a caccia, gli assediati, ormai alla disperazione per mancanza di viveri, assalirono e presero Vittoria. I Cremonesi, il cui podest era giusto un parmense [246], pagarono il maggiore tributo; persero anche il carroccio, portato a Parma: lesempio dellimperatore trovava imitatori [247].

Tu ipsa Cremona, pateris flammasque dolorem       
In fine, predico, conscia tanti mali

si diceva avesse vaticinato Michele Scoto [248]

La vittoria dipinta da Salimbene come il riscatto dellintera popolazione parmense: [] omnes milites et populares armati et preparati ad pugnam exiverunt de Parma, et mulieres eorum egresse sunt cum eis, similiter pueri et puelle, iuvenes et virgines, senes cum iunioribus.[]. Il carroccio cremonese, recato nel battistero, divenne il feticcio di tutti i nemici di Cremona. Fatto a brani ne rimasero solo le ruote, lasta e poco altro [249]. Salimbene ricevette la notizia a Sens, mentre era malato, e dovette spiegare ai confratelli limportanza che dalle sue parti si attribuiva al carroccio: [] Lombardi appellant huiusmodi currus carrocia sua; et si carrocium alicuius civitatis capitur in bello, civitas illa magnum opprobrium reputat sibi fieri, veluti, si Aurea flamma caperetur in bello, tam Francigene quam rex eorum magnum opprobrium reputarent. Hoc audientes admirati sunt [] [250].

Federico si ritir a Cremona. Sullabbrivio lesercito antimperiale dilag verso Est e sul Po, ma senza causare la rotta del nemico. Quattro giorni dopo la caduta di Vittoria limperatore torn contro Parma. Bast che si spandesse la voce che Federico si avvicinava perch Parmensi ed alleati si ritirassero in citt [251]. Ma Parma non venne pi ripresa.

Et guerra erat valida; et imperator habitabat in Cremona et veniebat frequenter et versabatur circa Parmam cum Theutonicis suis et cum aliis qui erant ex parte sua, si quo modo se posset de Parmensibus vindicare, qui eum fugaverant et Victoriam civitatem suam destruxerant, quam fecerat prope Parmam in contrata que dicitur Grola. Et habebat tunc temporis dominium Mutine, Regii et Cremone; et pars istarum trium civitatum que dicebatur Ecclesie vagabatur exterius vagipalando per devia [252].

Fino alla fine dellanno limperatore rimase nella Lombardia occidentale, e tenne una dieta a Vercelli [253]. Tornato a Cremona scopre il tradimento di colui che fino ad allora gli era stato il pi fedele: Pier delle Vigne. Come notava il Kantorowicz gli avvenimenti di Cremona restano oscuri nei particolari: limperatore vi ha steso un velo, le chiacchere dei contemporanei li hanno alterati [254]. Di fatto Pier delle Vigne venne incarcerato. I populares cremonesi avrebbero voluto linciarlo, e Federico lo fece portare a Borgo San Donnino [255]. Le fonti non autorizzano a pensare che si trattasse di sentimenti di ostilit nei confronti dellimpero [256], anzi al contrario era forse il segno maggiore di un continuo lealismo di Cremona nei confronti di Federico.

Alla fine di maggio del 1249 Enzio da Cremona si rec in aiuto dei Modenesi; passato il ponte da lui stesso buttato sul Po a Brescello, vicino a Fossalta venne clamorosamente sconfitto e, catturato dai Bolognesi, fin poi, comՏ notissimo, i suoi giorni in carcere [257]. Insieme al re, furono fatti prigionieri ducecento militi cremonesi [258]. Salimbene apprende la notizia a Genova [259], e coglie loccasione per farne un buon ritratto:

Erat autem rex Hencius, qui et Henricus, naturalis, id est non legitimus, filius Friderici imperatoris condam depositi, et erat valens homo et valde cordatus, id est magnifici cordis, et probus armatus et solatiosus homo, quando volebat, et cantionum inventor, et multum in bello audacter se exponebat periculis; pulcher homo fuit mediocrisque stature. Hic, quando captus fuit, habebat dominium Regii, Cremone et Mutine [260].

Naturalmente per lui la sconfitta di Enzio segno della giustizia divina [261], quella stessa che colp altri viri diabolici che attorniavano Federico, come Guido [262] e Giuliano da Sesso [263].

Il bilancio finale

il tempo di grandi mutamenti per Cremona. Ormai le due fazioni, lantimperiale guidata da Amatino Amati, detta dei Cappelletti, e limperiale, detta dei Barbarasi, che ha in Uberto Pelavicino il suo campione, si consolidano. Mentre lAmati entra in Piadena, Uberto diviene podest in citt [264]. Nellaprile 1250 Piadena presa, e lAmati fatto prigioniero [265]. Ma la vera ragione per cui Uberto era stato scelto risiedeva nella fiducia che sotto la sua guida ci si potesse vendicare della sconfitta di Vittoria [266], e lattesa non fu vana. Con un grosso esercito di cremonesi, fuorusciti di Parma, militi di Bergamo, Lodi e Pavia, Uberto si diresse a Parma. Gioved 18 agosto si consum la battaglia decisiva, ed Uberto stravinse. Molti furono i morti, 2000 fanti e 50 cavalieri furono fatti prigionieri, e condotti a Cremona in trionfo, reso ancora maggiore dalla presa del carroccio. A lungo rimase a Parma il ricordo di questo giorno, detto la mala zobia: et sic facta est vindicta de eis de facto Victorie [267]. Di quel disgraziato gioved si ricorder anche Dante nel 1311, quando scriver ai Fiorentini di non opporsi a Enrico di Lussemburgo [268]. Uberto Pelavicino aveva preso egregiamente il posto di re Enzio a Occidente, mentre ad Oriente le forze imperiali erano saldamente dirette da Ezzelino. Ma la morte di Federico spinse i due tiranni a percorrere in totale autonomia vie diverse. Lannalista cremonese che fino ad allora ha dedicato secche notazioni per annum prevalentemente alla successione dei podest, e che si occupato dellimperatore tutto sommato saltuariamente, solo per quel che riguardava il diretto impegno delle milizie cremonesi nelle molte campagne, cambia decisamente tono e impegno, e ben maggiore lo spazio e lattenzione dedicata al Pelavicino che non a Federico: la figura del marchese risulta di maggiore rilievo, non solo in ambito cittadino, ed il suo avvento a signore di Cremona, nella prospettiva di un pi vasto dominio regionale, il vero fatto nuovo.

Con un significativo passaggio di testimone, la morte di Federico II e la conferma del marchese in dominum et potestatem sono fissati dallannalista cremonese eodem die. E subito dopo Uberto attacca in successione, e sempre vincente, i Milanesi a Lodi [269], i Piacentini nelle colline appenniniche, i Mantovani; e prosegue la narrazione dei suoi successi [270], fino alla morte di Ezzelino, ed ancora oltre fino al 1260, per concludere: Multa alia fecit cum Cremonensibus et aliis Lumbardis, quorum dominus fuit, quod longum esset narare. Fuit dominus civitatum Cremone, Brixie, Placencie, Terdone, Alexandrie, Turini, Papie, Mediolani, et multa alia fecit et tractavit in Lombardia, ut dominium obtineret [271]. Non si tratta certo di un abbaglio: [] Uberto Pelavicino, nominato podest di Cremona [] sulla fine di agosto del 1249, rimane a capo della citt con tale qualifica fino al 1254. In questo anno assume il titolo di sacri imperii in Lumbardia vicarius generalis civitatum Cremonae, Placentiae, Papiae et tocius partis imperii per Lumbardiam perpetuus dominus et potestas [272]. Vicario generale dellimpero, dotato di molti beni nel Piacentino e nel Parmense, il marchese prosegu nominalmente per limpero, dopo la scomparsa di Federico, la lotta contro papato e guelfi. Come Ezzelino. Entrambi in realt non facevano che perseguire la signoria. Il titolo di cui si fregi il Pelavicino lo diceva signore permanenente di Cremona, Pavia, Piacenza e Vercelli [273]. Uberto guadagn quindi perfino Piacenza [274], da sempre avversa al partito imperiale (ma in passato legata per un breve periodo strettamente a Cremona, come si visto sopra), che abbandon lalleanza quasi secolare con Milano per darsi proprio a lui [275], la cui forza incuteva a un tempo timore e fiducia [276]. Ma soprattutto a Cremona che il marchese rafforza il suo potere. Capitano generale di Lombardia, podest cremonese, eroe vittorioso contro Parma, Uberto agli occhi dei Cremonesi il solo che possa garantire un futuro glorioso [277]. Perfino pi saldamente di quando lo stesso Federico era in Lombardia: il marchese, non certo bello fisicamente, era migliore dellimperatore [278]:

Habuit enim Pelavisinus dominium istarum civitatum in Lombardia, scilicet Brixie, Cremone, Placencie, Terdone, Alexandrie, Papie, Mediolani, Cumis et Laude. Hoc nunquam potuit imperator. Porro de Vercellis et de Novaria et de Bergamo milites et pedites habebat, quando volebat, magis ex timore quam ex amore, cum essent ex parte Ecclesie, et ipse ex alia. Insuper redimebant vexationem suam dando ei annuatim duo milia librarum imperialium [279].

Il ritratto che ne fornisce Salimbene forse il migliore della sua galleria: gracile, guercio, modesto nei costumi personalmente, ma magnifico pubblicamente, era soprattutto dominato da una smisurata ambizione di potere:

Civis enim Parmensis fuit Pelavicinus, et, quia homo magni cordis fuit et largas expensas facere volebat, pauper homo erat usque adeo quod, si habebat duos scutiferos, quando equitabat, qui sociarent eum in equis macilentis, ut vidi oculis meis, ibat cum illis et magnum reputabat. Quando vero habuit dominium predictarum civitatum, quod habuit XX duobus annis, qualibet die expendebat in curia sua XXV libras imperialium preter panem et vinum [280].

Appetitum habuit dominandi super omnes homines. Primo dominatus est in Cremona et destruxit illos de Summo, qui dederunt ei Cremone dominium, et erant ex parte sua et consanguinei sui. Ita pelaverunt eum Cremonenses qui erant ex parte Ecclesie, sicut fecerant Parmenses, et destruxerunt Bussetum fortissimum castrum suum, quod fecerat fieri inter aquas lacunarum in nemore, in confiniis istarum trium civitatum, scilicet Parme, Cremone et Placentie; et credebat ipse Pelavicinus quod non posset a toto mundo capi. Similiter Placentini destruxerunt eum et depilaverunt, sicut fecerant Parmenses et Cremonenses [] Hic multos expulit de Cremona et multos tormentavit et multos occidit; uxorem suam repudiavit, dominam Bertam, filiam comitis Rainerii de Pisis, eo quod ex ea filios habere non poterat, et duxit aliam, quam dedit ei Iilinus de Romano, ex qua genuit duos filios et tres pulcherrimas filias, que diu sine maritis fuerunt [281].

Sinteticamente magnifici cordis fuit et totum mundum occupare volebat [282]. Ma alla fine anche lui scomparso: Dio gli perdoni il male commesso [283].

Federico morto. Lelenco delle sue colpe in Salimbene lungo [284], ma non manca certo il riconoscimento della sua grandezza [285]. Con lui si conclude il prestigio dellimpero:

In ipso quoque finietur imperium, quia, et si successores sibi fuerint, imperiali tamen vocabulo ex Romano fastigio privabuntur. Verba sunt ista cuisdam Sibille, ut dicunt [] Quam verum sit hoc vaticinium, satis patet tam ex parte Ecclesie quam ex parte imperii [286].

Era spesso sarcastico, come quando parodiava gli ambasciatori della fedelissima Cremona, che si lodano lun laltro a lungo, prima di affrontare il merito delle cose [287]. Stava ai motti di spirito, anche a quelli pi crudi:

[] cum quadam vice esset Cremone post destructionem Victorie civitatis, quam destruxerunt Parmenses, et percuteret manu sua super gibbum cuiusdam ioculatoris ex his qui dicuntur milites curie et diceret: Domine Dalli, quando aperietur istud scriniolum?, respondit ei: Domine, non potest ita de facili aperiri, quia clavem perdidi in Victoria. Audiens imperator quod iste reducebat ei ad memoriam tristitiam et verecundiam suam, ingemuit et dixit: Turbatus sum et non sum locutus. Nullam tamen vindictam in eum exercuit [] Si tale convicium Icilino de Romano dixisset, fecisset eum exoculari aut certe suspendi [288].

Ma, ci che pi conta, la vicenda di Federico II ha segnato un momento cruciale. Non solo [] non poteva esserci indice epocale pi intenso del tempus imperii Friderici, per marcare quello spartiacque fra passato remoto e passato prossimo intorno a cui Salimbene fa ruotare un radicale mutamento di atteggiamenti storiografici e di tecniche conoscitive: dalla conoscenza mediata alla testimonianza diretta degli avvenimenti, dalla compilazione allautopsia [289], [] in realt il grande Svevo colto - con una modernit di giudizio politico - nella sua tragica realt di isolamento [290]. Proprio quella tragica realt che individuata da Salimbene [] ci convince che la scrittura storica del frate nella comparazione tra valore emblematico del personaggio politico [] e succedersi dei fatti, inaugura una nuova concezione del narrare, della cronistica [291]. Altro quindi che interpretazione debolissima, ha sottolineato Ovidio Capitani, e solo racconto di seppur straordinarie valenze narrative, come intendeva Cinzio Violante [292], non stanchezza per le lotte comunali, ma dimensione di valutazione di quelle stesse lotte diversa [293]. Federico II figura solitaria, unica [294], che per Salimbene non ha senso n etico n politico, nella temperie di met Duecento [295]. La crisi di cui segno il grande imperatore, diviene crisi di moduli storiografici [296].

Ma se cerchiamo un ulteriore perch di un giudizio tanto negativo potremo constatare che non tanto la visione cosmica, dei rapporti tra impero e papato, per intenderci, a pesare sul giudizio del francescano. Intanto per colpa di Federico che iniziata lepoca delle mai prima udite violenze personali [297]. Poi ha perseguitato la chiesa, e soprattutto gli uomini chi chiesa attivi sul campo [298].

Ma la ragione principe che Federico allinizio di un nuovo periodo di sistemazione del quadro politico dellItalia (settentrionale). Ad un certo punto Salimbene sente la necessit di tracciare un quadro geo-politico dellItalia che conosce, vale a dire de his qui in Lombardia et in Romagnola dominium habuerunt. Ed un elenco infinito: nel Piemonte il marchese del Monferrato; a Vercelli Pietro Becherio; a Milano Napoleone e Cassone della Torre; ad Alessandria Lanzavelia; a Piacenza Uberto Iniquit; a Parma, per la parte della chiesa Bernardo Rolandi Rossi, per la parte dellimpero Bertolo Tavernieri, poi Ghiberto de Gente, che stese il suo dominio anche su Reggio, dove avevano dominato per la parte della chiesa Ugo de Robertis, per la parte dellimpero Guido da Sesso e re Enzio; a Modena Giacomino Rangoni e Manfredo di Sassuolo; a Cremona Uberto Pelavicino e Buoso da Dovara; a Mantova Pinamonte; a Ferrara Salinguerra, e dopo di lui Azzo dEste, ed il nipote Obizzo, che Ferariensibus ultra modum longum et durum fecit dominium annis multis, sopportato solo quia antiquitus marchiones Hestenses fuerunt amici Romane Ecclesie, ideo Ecclesia ex quadam amicitia sustinet eos et patitur quod sint ibi, in Feraria scilicet. A Treviso Alberico da Romano [299]; nel resto della Marca Trevigiana, a Padova, Vicenza e Verona, Ezzelino [300]; a Verona gli successe Mastino della Scala. A Rimini Malatesta; a Forl Guido da Montefeltro; a Ravenna per la parte della chiesa Paolo Traversari [301], e per laltra parte Anastasio; poi Tommaso da Fogliano di Reggio, poi Stefano figlio del re dUngheria, poi Guglielmotto di Puglia. A Faenza gli Alberghetti, detti anche Manfredi, per la parte della chiesa, per la parte dellimpero Accarisio ed il figlio Guido; ad Imola per la parte della chiesa i Norduli, per la parte dellimpero Uguccio de Binielis, cui successe il fratello Giovanni. Ancora, tra monte e pianura, una lunga serie di tiranni: Pietro Pagani da Susinana, il conte Bernardino, Ruggero di Bagnacavallo, Taddeo di Buonconte, Iacobo Bernardi, in sintesi tam in Romagnola quam in Lombardia multi fuerunt nobiles et potentes, tam ex parte imperii quam Ecclesie. A Bologna Geremei e Lambertazzi [302]; a Cremona i partigiani dellimpero multum desevierunt, dum imperatorem in Lombardiam et in Cremonam introduxerunt, dum partem Ecclesie de Cremona expulerunt, dum eorum adiutorio imperator et sui guerram in Lombardia diu tenuerunt; et per eos multiplicata sunt mala in terra, que nec adhuc finem habent nec videntur habere [303].

Questo il quadro politico dellItalia padana lasciata dal grande svevo. Qui il punto: Federico stato male non tanto sotto il profilo morale [304], quanto piuttosto sotto il profilo squisitamente etico-politico, perch ha generato, delluna e dellaltra parte, quei tiranni che sono il tratto continuo, il vero filo rosso dellItalia padana:

Igitur omnes supradictas partes et scismata et divisiones et maledictiones, tam in Tuscia quam in Lombardia, tam in Romagnola quam in Marchia Anconitana, tam in Marchia Trivisina quam in tota Ytalia, fecit Fridericus, qui condam dictus est imperator. Et ideo valde bene fuit punitus [] Sed et principes regni sui, quos de nichilo sublimaverat et de pulvere exaltaverat, levaverunt calcaneum contra ipsum nec servaverunt ei fidem [] Idem fecerunt sibi tyranni, de quibus supra fecimus mentionem. Sed et ipsi puniti fuerunt, non quia Fridericum dimiserunt, quem malum hominem cognoverunt, sed quia multa peccata commiserunt. Cognovi eos quos nominavi pro maiori parte; et subito disparuerunt de mundo et male pro maiori parte terminaverunt vitam suam [] [305].

Si deve sottolineare: delluna e dellaltra parte, perch chi alla fine vinse, non si comport certo meglio dei predecessori. Non si tratta di una chiesa combattuta, ma alla fine risultata vincente. Dovunque, anche nello schieramente della pars ecclesie, Lazione dellimperatore ha generato mostri. Incrudelire contro gli avversari sconfitti avviene ormai di norma, more Lombardico, come si vide bene proprio a Cremona:

Post istum missus fuit quidam alius capellanus legatus in Lombardiam, qui valde bene scivit introducere Cremonenses in Cremonam qui ex parte Ecclesie erant extra, et diu exulaverant expulsi et vagabundi. Sagaciter etiam expulit Bosium de Dovaria et Pellavisinum et abstulit eis Cremone dominium, quod diu tenuerant, et multa mala fecerant. Intrantes vero Cremonenses qui erant ex parte Ecclesie reddiderunt eis vicem pro vice, destruendo turres et domos eorum et palatia et occupando terras et possessiones eorum more Lombardico [306].

Gi Salimbene laveva constatato in patria, a Parma, nemica di Federico, ma lo stesso era accaduto ad altre citt, guelfe, come a Bologna, e ghibelline, come a Reggio, e daltra parte nellelenco fornito di signori che spadroneggiano ovunque Salimbene non ha fatto distinzioni di sorta. Ma veramente Cremona, la citt simbolo per la continuit dellamicizia con Federico, ad offrire, con un disincantato contrappasso, lesemplificazione pi chiara. Ormai Salimbene disperato: Verumtamen de pace Lombardorum parum confido. La semina di Federico dura ancora a pi di trentanni dalla sua scomparsa, e non si vede alcun segno di possibile cambiamento per il futuro [307]. Lavversione viscerale di Salimbene al regime signorile guida la sua valutazione [308]. Il frate non pu suggerire alternative perch ormai dappertutto si vedono solo tiranni, e non si pu combattere la storia [309]. Quel vigoroso e orgoglioso sentimento cittadino [] uno dei motivi intorno ai quali si condensa il significato pi profondo della Cronica, individuato da Ludovico Gatto [310], deve mutare di segno nellobbligata accettazione/rifiuto del signore. Altrimenti solo possibile un a-storico - ma tutto sommato anche a-sociale, ed a-francescano! - rifugio nellindividuo [311].

Ma il giudizio di Salimbene - per quanto storiograficamente indiscutbilmente esatto - quello di chi troppo coinvolto, con buona pace di chi ha parlato di disaffezione del frate [312].

Pi tardi, a cavallo del Trecento, maturata una nuova prospettiva storiografica [313], Riccobaldo avr maggior distacco, e ne considerer la figura complessivamente, degna per lui di un ritratto che sopporta bene il confronto con gli antichi imperatori di Roma:

Fuit autem Fredericus non procerus, obeso corpore, subruffus, super homines prudens, satis litteratus, linguarum doctus, omnium artium mechanicarum quibus animum advertit artifex peritus, aucupio avium maxime oblectabatur, satis liberalis dignis, non profusus donando, operibus exuberavit. Nam preter imperii iura, rex erat Sicilie per genus maternum, rex Ierusalem per coniugem, rex Alamanie per electionem, dux Suavie iure proavorum. Muliebrium amplexuum amator nimius, nam speciosarum feminarum gregem servabat. Modice clementie in offensus, beneficus in familiares dilectos, quos plurimum sibi perfidos esse comperiit. In prole inclitus, nam inter ceteros Conradus alter Absalon iudicatus est. Hentius in armis strenuus et nobilis indolis, quem et omnes adversarii laudabilem virum testantur. Manfredus qui regnans omnes una et summa liberalitate respexerit, qui Tito Vespasiani imperatoris filio ingenio in omnibus arguto et cunctis benefico videtur iure posse conferri.

Il cronista ferrarese sar anche lunico a tramandarne il nobile epitafio:

Annis millenis bis centum pentaque denis,     
Dives mendicus decessit Rex Fredericus;        
Illo namque die celebrantur festa Luciae;              
Si probitas, sensus, virtutum copia, census    
Nobilitas orti possent obsistere morti
Non foret extinctus Fredericus, qui iacet intus
[314].

E subito dopo il cremonese Antegnati, riprendendo Riccobaldo, ricorder Federico come grande figura positiva. Ne loder limpegno per la crociata [315], spiegher il contrasto con papa Gregorio per i motivi di personale rancore del pontefice [316], soprattutto ricorder orgogliosamente come i Cremonesi fossero stati i suoi migliori alleati [317], e come limperatore lavesse esplicitamente riconosciuto: Populus noster Cremonensis obtinuit in prelio [318], tanto da esclamare: Usque Romam cum Cremonensibus solis honorice possemus transire [319]. Ricorder perfino come lonta di Vittoria gli fosse stata aspramente rimproverata [320].

Ma, in definitiva, anche per Gasapino Antegnati come per quasi tutti i cronisti coevi, Federico II non ha significato molto per Cremona. stata un occasione, del tutto transeunte. Non ha inciso sulla dinamica n sociale n politica della citt, che ha percorso tuttaltre strade. Per lanonimo cronista cremonese, poi, al confronto col Pelavicino, lo svevo scoloriva.

Tra i cronisti il solo Salimbene si reso conto dellimportanza dellapparire dello svevo in Valle Padana. Lo deprec, ma non pot fare a meno di registrarne lesatto valore storico per i destini delle citt dItalia.



[1] Annales Cremonenses ed. O. Holder Egger, Monumenta Germaniae historica (= MGH) Scriptores (= SS) 31 (1903) (=1980) (= AnCr) 9, 26-27.

[2] Sicardi Episcopi Cremonensis Cronica ed. O. Holder-Egger, MGH SS 31 (= Sicardo) 34  e 175, 3-10.

[3] G. Zanella Note cronistiche del cremonese Gasapino Antegnati da un manoscritto del Pomerium Ravennatis Ecclesie di Riccobaldo da Ferrara Cremona, Turris 1991 (= Antegnati) nota 52, p. 75.

[4] Sicardo 35.

[5] AnCr 10, 2-3.

[6] Sicardo 35.

[7] Ibid. 175, 11-176, 7.

[8] Ibid. 35.

[9] Salimbene de Adam Cronica ed. G. Scalia, Bari, Laterza 1966 (= Salimbene) 32, 1-8; Sicardo 176, 4-7. G. Severino Storiografia, genealogia, autobiografia. Il caso di Salimbene de Adam, in Cultura e societ nellItalia medievale. Studi per Paolo Brezzi, 2, Roma, Istituto Storico Italialiano per il Medio Evo (= ISIME) 1988 (Studi storici 188-92) 778, segnala la dipendenza da Sicardo come una remora allesplicazione della personalit di Salimbene come cronista. Per un primo approccio alla figura di Salimbene R. Manselli Adam, Ognibene (Salimbene) de Dizionario biografico degli Italiani (= DBI) 1 (1960) 228-31; G. Scalia Salimbene de Adam Enciclopedia dantesca (= ED) 4 (1973) 1074-75; G. Auzzas Salimbene da Parma Dizionario critico della letteratura italiana a cura di V. Branca, 4, Torino UTET 19862 74-77; A. I. Pini Salimbene de Adam, in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola (secc. IX-XV) Roma, ISIME 1991 (Nuovi Studi storici 11) 241-49. Per un ragionata rassegna dello stato degli studi, per quel che ci interessa, Stanislao da Campagnola Orientamenti critici interpretativi intorno alla Cronica di Salimbene de Adam Laurentianum 6 (1965) 461-91; D. C. West The Present State of Salimbene Studies with a Bibliographical Appendix of Major Works Franciscan Studies 32 (1972) 225-41. Sulla cronaca come zibaldone di appunti Stanislao da Campagnola Intuito storiografico e rilievo letterario della Cronica di Salimbene Laurentianum 7 (1966) 486-95; Stanislao da Campagnola La Cronica di Salimbene de Adam davanti alla critica Archivio storico per le Province Parmensi s. 4 19 (1967) 344-45; come gi aveva inteso F. Bernini La bizzarra Cronaca di frate Salimbene Rivista dItalia 4 (1926) 345-66. Per il rilievo della cronaca nellambito della cronachistica mendicante F. Baethgen Franziskanische Studien Historische Zeitschrift 131 (1925) 421-71, ma in ambito pi vasto M. P. Alberzoni Un mendicante di fronte alla vita della Chiesa nella seconda met del Duecento. Motivi religiosi nella Cronica di Salimbene, in Salimbeniana Atti del convegno per il VII centenario di fra Salimbene, Bologna, Radio Tau 1991 7-34. Per le difficolt dei mendicanti al tempo di Federico II G. Barone Federico II e gli Ordini Mendicanti Mlanges de lEcole franaise de Rome. Moyen Age. Temps modernes 90 (1978) 607-26, e A. M. Voci Federico II imperatore e i Mendicanti: privilegi papali e propaganda anti imperiale Critica storica 22 (1985) 3-28. Sullesperienza gioachimita D. C. West The Education of Fra Salimbene of Parma: the Joachimite Influence, in Prophecy and Millenarism. Essays in honour of. M. Reeves, ed. A. Williams, 1980 191-215; A. Crocco Federico II nella Cronica di Salimbene Napoli 1970 33-35. Ancora in generale da considerare A. Momigliano Motivi e forme della Cronica di Salimbene, in Momigliano Cinque saggi Firenze, Sansoni 1945 71-108; N. Scivoletto Fra Salimbene da Parma e la storia politica e religiosa del secolo decimoterzo Bari 1950; A. Carile Salimbene e la sua opera storiografica Bologna 1971; A. Sainati Arte e artificio nella Cronica di Salimbene da Parma, in Sainati Studi di letteratura latina medievale e umanistica Padova, Antenore 1972 3-44, 269-70. Su aspetti particolari che interessano variamente largomento qui in esame M. Turchi Salimbene o la ricerca dellumano nella storia Aurea Parma 51 (1967) 93-95; J. Paul LՎloge des personnes et lidal humain ai XIIIe sicle daprs la Chronique de fra Salimbene Le Moyen Age 73 (1967) 403-30; Paul Salimbene tmoin et chroniqueur, in Lhistoriographie en Occident du Ve au XVe sicle Actes du Congrs de la Socit des historiens mdivistes de lenseignement suprieur, Tours 1977 (Annales de Bretagne et des Pays de lOuest 87 (1980)) 267-85; Mariano dAlatri La cronaca di Salimbene. Personaggi e tematiche Roma, Istituto Storico dei Cappuccini 1988; A. Gattucci Parole, figure e inflessioni gioachimite nella Cronica di Salimbene, in Salimbeniana 95-116.

[10] Sicardo 35-36.

[11] Ibid. 35.

[12] A. Vasina  Larea emiliana e romagnola in Comuni e signorie nellItalia nordorientale e centrale: Veneto, Emilia-Romagna, Toscana  Torino, UTET 1987 (Storia dItalia dir. da G. Galasso 7/1) 451.

[13] AnCr 10, 6-10; cf. anche Jacobi Malvecii Chronicon Brixianum Rerum Italicarum scriptores (= RIS) 14 (1729) 893-94.

[14] Sicardo 176, 8-11; Iohannis Codagnelli Annales Placentini ed. O. Holder-Egger, MGH Scriptores Rerum Germanicarum (= SRG) in us. scol. (1901) (= Codagnello) 24; AnCr 10, 10-13. Per una prima informazione su Codagnello G. Arnaldi Codagnello, Giovanni DBI 26 (1982) 562-68; P. Castignoli La storiografia e le fonti, in Storia di Piacenza II. Dal vescovo conte alla signoria (996-1313) Piacenza, Cassa di Risparmio di Piacenza 1984 17-21 e note relative; P. Castignoli Giovanni Codagnello notaio, cancelliere del Comune di Piacenza e cronista, in Il Registrum Magnum del Comune di Piacenza. Atti del Convegno internazionale di studio, Piacenza, 29-30-31 marzo 1985 Piacenza, Cassa di Risparmio di Piacenza s. a. 273-302; D. Gatti Codagnello, Giovanni, in Repertorio della cronachistica emiliano-romagnola 267-71.

[15] A. Castagnetti La Marca Veronese-Trevigiana in Comuni e signorie 234: [] Milano e Cremona, nemiche sempre, possono essere considerate due poli intorno ai quali ruotavano le alleanze con le altre citt.

[16] A. Haverkamp I rapporti di Piacenza con lautorit imperiale nellepoca sveva in Il Registrum Magnum del Comune di Piacenza 106.

[17] M. Luzzati Firenze e larea toscana in Comuni e signorie 612.

[18] Salimbene 32, 12-16.

[19] Sicardo 176, 10-11.

[20] Ibid. 36.

[21] Ibid. 36. Da ultimo sulla questione U. Gualazzini I diritti cremonesi sulla curtis di Guastalla prima e dopo la lite con labate piacentino di S. Sisto (1127-1227), in Maldottiana Miscellanea di studi in onore di A. Solmi, Guastalla 1934 1-16 dellestratto.

[22] Sicardo 36.

[23] Ibid. 176, 11-14; Codagnello 27, 3-28, 11; Giovani de Mussi, ricorda in nota lHolder Egger, che adopera annali piacentini perduti, precisa Et tunc dominus Guido de Mandello de Mediolano erat potestas Placentie, qui ibi captus fuit.; AnCr 10, 16-25.

[24] Codagnello 27, 3-28, 11.

[25] Sicardo 36 e 176, 14-16; AnCr 11, 6-7: Eorumdem tempore civitas Mantue nobiscum est asociata.

[26] Codagnello 33, 19-24.; AnCr 10, 25-11, 2.

[27] Sicardo 36, 176, 16-21; Codagnello 33, 24-27; AnCr 11, 3-4.

[28] Codagnello 29, 16-18.

[29] AnCr 11, 7-10.

[30] Codagnello 29, 19-34.

[31] Ibid. 33, 27-34,12; AnCr 11, 5-6.

[32] Sicardo 176, 22-177, 1. Nota che lAntegnati mette in bocca ad Uberto Pelavicino la stessa battuta: quod omnia mala exempla ex bonis iniciis orta sunt (Antegnati nota 73, 1, p. 81).

[33] Sicardo 36.

[34] Ibid. 36-37.

[35] Ibid. 37-38.

[36] Ibid. 36.

[37] Ibid. 38.

[38] U. Gualazzini Il populus di Cremona e lautonomia del Comune Bologna, Zanichelli 1940 (Biblioteca della Rivista di Storia del Diritto italiano 14) 79.

[39] Ibid. 81.

[40] Sicardo 38.

[41] Ibid. 177, 11-13.

[42] Salimbene 33, 14-19.

[43] Sicardo 38.

[44] AnCr 11, 18-21.

[45] Sicardo 43.

[46] AnCr 11, 24-26.

[47] Sicardo 45.

[48] Ibid. 179, 19-24.

[49] Codagnello 34, 15-37, 7.

[50] Sicardo 45.

[51] Salimbene 37, 16-23: Hoc eodem anno fuerunt carrocia de Parma et de Bononia in servitio communis Regii in obsidione Suarie, quam fecerunt Mantuani et marchio Estensis et Ferarienses et Veronenses et Mutinenses et Cremonenses et multi alii cum eis circa Suariam cum manganis et prederiis et aliis instrumentis ad capiendum castrum Suarie, et omnes fugierunt timore Reginorum et suorum amicorum.

[52] AnCr 12, 11-13.

[53] Sicardo 47-48.

[54] Gualazzini Il populus di Cremona 82: Nel 1209 appare gi formata una nuova costituzione cittadina, che non avr ancora carattere definitivo, appunto perch ancora sar in via di evoluzione il processo di tramutamento da classe in partito del populus e dei milites. Al consiglio generale del Comune prendono parte i consoli dei paratici, delle vicinie e delle societ, i credenderi dei milites e dei pedites.

[55] Sicardo 45.

[56] Ibid. 46-47; Codagnello 37, 8-20.

[57] Sicardo 48.

[58] Ibid. 179, 25-180, 1.

[59] Gualazzini Il populus di Cremona 86.

[60] Ibid. 88-89.

[61] AnCr 12, 14-19.

[62] Sicardo 48.

[63] Ibid.

[64] Ibid.

[65] AnCr 12, 19-22.

[66] Sicardo 48-49.

[67] Ibid. 49.

[68] Ibid. 50 e 180, 2-6.

[69] Ibid. 50; AnCr 12, 23-31; G. Zanella Riccobaldo e dintorni. Studi di storiografia medievale ferrarese Ferrara, Bovolenta 1980 74. Gi precedentemente Sicardo, insieme allabate della Colomba, era stato incaricato dal pontefice di provvedere alla scelta del nuovo vescovo di Ferrara, essendo morto Uguccione il 30 aprile 1210. Si era concordemente pensato al padovano Giordano, ma Azzo dEste, presa Ferrara, aveva preteso che la cosa fosse differita. Il 7 giugno Innocenzo III aveva invitato i due prelati e il cardinal Gerardo a scegliere un altro candidato, ma il nuovo vescovo di Ferrara fu eletto solo nel 1212.

[70] Sicardo 50.

[71] Annales Piacentini Guelfi  ed. G. H. Pertz, MGH SS 18 1863 (= 1963) (= APG) 468, 36-40. Per una prima informazione sullAnonimo piacentino P. Castignoli La storiografia e le fonti, in Storia di Piacenza II 21-23 e note relative.

[72] Sicardo 51 e 180, 8-11.

[73] Ibid. 52.

[74] Ibid.

[75] Codagnello 38, 29-39, 7.

[76] Sicardo 180, 11-14; Salimbene 39, 24-30.

[77] Sicardo 53; AnCr 13, 2-7.

[78] Sicardo 180, 15-23; Codagnello 40, 4-41, 31; Salimbene 39, 31-40,3; APG 468, 41-47.

[79] Sicardo 53-54.

[80] Ibid. 55.

[81] Zanella Riccobaldo e dintorni 74.

[82] Sicardo 55-56.

[83] Ibid. 56; Codagnello 42, 29-43, 4.

[84] Sicardo 56-57; Continuatio Sicardi ed. O. Holder-Egger, MGH SS 31 181, 4-16; Magistri Tolosani Chronicon Faventinum ed. G. Rossini, RIS2 28/1 (1936-39), 136, 1-13; Codagnello 43, 4-44, 19; Annales Bergomates ed. O. Holder-Egger, MGH SS 31 331, 16-21; Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII ed. G. Bonazzi, RIS2 9/9 (1902-04) (= ChrParm), 8, 13-14; Annales Brixienses ed. L. Bethmann, MGH SS 18 (= AnBrix) 817, 29-48; Alberti Milioli  notarii regini Chronica Imperatorum ed. O. Holder-Egger, MGH SS 31 657, 18-36; AnCr 13, 9-14; Salimbene 42, 11-28; 850, 23-24; Riccobaldo da ferraraPomerium Ravennatis Ecclesie RIS 9 (1726) 126.

[85] Antegnati nota 53, pp. 75-76

[86] Codagnello 45, 1-6.

[87] Sicardo 58.

[88] Codagnello 45, 7-20; Salimbene 42, 33-36.

[89] Codagnello 45, 24-27.

[90] Ibid. 46, 5-15.

[91] AnCr 13, 15-17.

[92] Sicardo 58-59.

[93] Codagnello 48, 35-49, 5; 49, 20-29.

[94] Ibid. 51, 31-52, 17; AnCr 13, 18-22; Salimbene 850, 25-27.

[95] Codagnello 52, 30-53, 14.

[96] Ibid. 53, 15-26.

[97] Ibid. 53, 31-54, 2; Salimbene 851, 1.

[98] Continuatio Sicardi 181, 20-23.

[99] Codagnello 57, 32-60, 10; Continuatio Sicardi 181, 23-27; AnCr 13, 23-30.

[100] Codagnello 60, 14-18.

[101] Ibid. 60, 24-29.

[102] Ibid. 61, 1-14.

[103] Ibid. 61, 15-20.

[104] Ibid. 61, 21-27.

[105] Ibid. 61, 28-62, 15.

[106] AnCr 13, 31-35

[107] Codagnello 62, 16-63, 15.

[108] Ibid. 63, 16-28.

[109] Ibid. 64, 10-16.

[110] Ibid. 64, 17-65, 5.

[111] Ibid. 65, 6-13.

[112] Ibid. 64, 8-9.

[113] Ibid. 65, 14-66, 13; Continuatio Sicardi 181, 3-18; AnnCr 14, 1-5; Salimbene 46, 17-21; 851, 2.

[114] Codagnello 66, 14-67, 5.

[115] Ibid. 67, 6-21.

[116] Ibid. 67, 33-68, 5; AnCr 14, 5-9.

[117] AnCr 14, 10-12; Salimbene 47, 12-15.

[118] AnCr 14, 12-13.

[119] Codagnello 71, 2-4.

[120] Ibid. 71, 12-16.

[121] AnCr 14, 14-15.

[122] Codagnello 71, 17-72, 7.

[123] Ibid. 72, 8-13; AnCr 14, 16-18; Salimbene 851, 6-9.

[124] Codagnello 72, 14-22; AnCr 14, 19-20.

[125] Codagnelo 72, 23-73, 23.

[126] Salimbene48, 33-35.

[127] APG 469, 1-20.

[128] AnCr 14, 21-22.

[129] Codagnello 73, 24-26.

[130] AnCr 14, 23-24.

[131] Codagnello 73, 27-33.

[132] Salimbene 49, 6-8.

[133] Codagnello 73, 34-74, 2.

[134] AnCr 14, 25-15, 6.

[135] D. Abulafia Federico II. Un imperatore medievale Torino, Einaudi 1990 128-29.

[136] Ibid. 129.

[137] Ibid. 130.

[138] Ibid.

[139] Codagnello 74, 5-83, 15.

[140] Tanto da volere la loro citt sostituta di Roma (E. Kantorowicz Federico II, imperatore Milano, Garzanti 1978 633).

[141] Vedi anche, in parallelo, la narrazione di APG 469, 21-35, che non accenna neppure alla dieta, che rappresentava uno scacco per lo svevo.

[142] Abulafia 131.

[143] Ibid. 131-32.

[144] Ibid. 132-33.

[145] Codagnello 83, 16-84, 3.

[146] Abulafia 133-34.

[147] APG 469, 36-470, 6.

[148] Codagnello 84, 8-10.

[149] Ibid. 88, 3-32.

[150] Ibid. 89, 1-15; AnCr 15, 10-16; Salimbene 49, 28-50, 2.

[151] Gualazzini Il populus di Cremona 97: Pochi momenti della vita politica cittadina furono cos complessi come quello compreso fra il 1229 e il 1247, non perch le forze in contrasto cozzassero con particolare violenza, ma per la variet degli elementi che erano in lizza e delle tendenze che tentavano di affermarsi [] tale fenomeno di interesse giuridico notevole e di cos vasta portata da superare di gran lunga la curiosit dellindagine locale, perch in Cremona si riflettono passioni, tendenze e influenze che in quellet si imposssessano di tutta lItalia e le danno un inconfondibile volto.

[152] Codagnello 93, 24-99, 3; AnCr 15, 20-24.; Salimbene 51, 7-30; 84, 23-85, 10. Sul blocco narrativo salimbeniano che ha come principio e fine lo scontro a San Cesario, nodo nevralgico della scrittura di Salimbene, in cui percorsi memoriali e scansioni cronologiche diverse si intrecciano e si sovrappongono luno allaltro, si intrattiene la Severino 783-86.

[153] AnCr 15, 25-28.

[154] ChrParm 10, 16; gi lanno precedente era stato podest il cremonese Cavalcab (ibid. 10, 5).

[155] Ibid. 10, 22.

[156] Codagnello 107, 17-41.

[157] Ibid. 110, 9-23; AnCr 15, 29-32; APG 470, 7-13.

[158] APG 470, 13-28.

[159] Codagnello 110, 24-111, 28.

[160] Ibid. 112, 4-26.

[161] AnCr 16, 1-5.

[162] Gualazzini Il populus di Cremona 113-14.

[163] Ibid. 98-99.

[164] Ibid. 104.

[165] Ibid. 105.

[166] Ibid. 99-118.

[167] AnCr 16, 6-9.

[168] Gualazzini Il populus di Cremona 117.

[169] AnCr 16, 10-24; Salimbene 123, 5-17.

[170] Codagnello 113, 12-115, 31.

[171] Ibid. 116, 14-22.

[172] ChrParm 10, 35.

[173] APG 470, 35-47.

[174] AnCr 16, 25-17, 8.

[175] Ibid. 17, 9-11.

[176] Salimbene 131, 3-8. 10-14. Spettacolo esotico che a distanza di tanti anni restituito al vivo quasi in una dissolvenza cinematografica (E. Pasquini Critica del costume e diario di cose viste nella Cronica di fra Salimbene Zenit Quaderni 1987, 4, suppl., 26).

[177] Salimbene 133, 14-19: Tunc habuit imperator elefantem suum quem Cremone tenuerat, super quem erat turris lignea ad modum carrocii Lombardorum; et erat quadratum et bene ligatum, habens banderias IIII, in quolibet angulo unam, et in medio magnum vexillum, et intus magister bestie cum multis Saracenis. De hac materia satis habetur in primo Machabeorum [].

[178] APG 470, 48-49.

[179] AnCr 17, 13-14.

[180] Salimbene 131, 15-132, 4.

[181] ChrParm 11, 7-24; AnBrix 819, 15-25.

[182] APG 476, 9-27

[183] Ibid. 470, 49-475, 7.

[184] Ibid. 475, 8-11; 476, 28-38.

[185] Salimbene 132, 5-133, 14; APG, 476, 39-51.

[186] Salimbene 135, 22-136, 6.

[187] Ibid. 134, 13-17.

[188] AnCr 17, 16-19; APG 476, 51-477, 50; Annales Bergomates ed. Ph. Jaff, MGH SS 18 810, 29-39.

[189] APG 477, 50-52; 478, 43-48.

[190] G. Cracco Venezia nel Medioevo: un altro mondo in Comuni e signorie 79.

[191] Salimbene 135, 11-20.

[192] Abulafia 251.

[193] Adopero ledizione critica del Pomerium Ravennatis Ecclesie che vado costituendo (= Pomerium ). Gli ultimi tre versi citati in Kantorowicz 452 (con rinvio a Historia diplomatica Friderici Secundi ed. J.-L.-A. Huillard-Breholles, V, Parigi, Plon 1857 (= Torino, Bottega dErasmo 1963) 163 nota 1), con una lezione difettosa; ma ancora di rilievo tutte le pagine dedicate ibid. a Cesare e Roma, 445 ss.

[194] APG 477, 52-478, 38.

[195] Ibid. 478, 41-42.

[196] Abulafia 255.

[197] APG 479, 3-17.

[198] Ibid. 479, 24-480, 31.

[199] Abulafia 253-54.

[200] Ibid. 254.

[201] ChrParm 11, 36-37; APG 480, 44-481, 7.

[202] APG 481, 8-12.

[203] Ibid. 481, 17-29.

[204] Ibid. 481, 30-35.

[205] Ibid. 481, 36-49.

[206] Ibid. 481, 50-482, 11.

[207] Ibid. 482, 16-21; Abulafia 284.

[208] AnCr 17, 20-23; APG, 482, 22-483, 3.

[209] APG 483, 4-22.

[210] Ibid. 483, 23-29, 483, 46-484, 4; Zanella Riccobaldo e dintorni 77 e note relative.

[211] APG 484, 5-30.

[212] Ibid. 31-33.

[213] Ibid. 485, 6-9.

[214] Ibid. 12-14.

[215] Ibid. 15-16.

[216] Ibid. 16-19.

[217] Ibid. 26-31.

[218] AnCr 17, 26-29; APG 486, 4-26.

[219] APG 486, 40-42; Pomerium:: Anno Christi MCCXLII Innocentius Quartus, genere Ianuensis, pontificatu eligitur excardinali. Nam cum quidam imperatori congratularentur eo quod hic qui eum favebat sublimatus esset papatu, egro vultu ait: Amicum perdidi; qui condam michi amicus fuit, adversarius dirus erit. Nec falsum locutus est, nam vix biennio latuit inter eos simultas, mox aperte infensi fuerunt alterutrum.

[220] AnCr 17, 30-31.

[221] APG 487, 1-7. 15-16.

[222] Ibid. 24-26.

[223] Ibid. 487, 48-488, 16.

[224] AnCr 17, 33-34; APG 489, 6-7.

[225] APG 489, 18-35.

[226] Ibid. 36-40.

[227] ChrParm 13, 11-16; APG 489, 41-491,68.

[228] APG 492, 1-3.

[229] AnCr 17, 34-18, 6; Salimbene 256, 24-33; APG 492, 26-44.

[230] AnCr 18, 7.

[231] APG 493, 1-11.

[232] Ibid. 19-53.

[233] Salimbene 274, 19-275, 1. Il 1247 giustamente anche, come ha indicato la Severino 780, luogo della storia politica per cos dire generale (gli ultimi anni di Federico II), che a buon diritto avrebbero potuto sollecitare un nuovo prologo, o almeno - ci che puntualmente avviene - un ulteriore momento di assestamento e precisazione delle coordinate dimpegno storiografico dellopera.

[234] APG 494, 2-11.

[235] Salimbene 75, 4-20.

[236] Ibid. 280, 33-281, 18.

[237] ChrParm 14, 5-17, 5; AnCr 18, 8-12; Salimbene 272, 21-29; APG 494, 12-495, 47.

[238] Salimbene 278, 31-280, 8.

[239] APG495, 30-44.

[240] Ibid. 496, 24-27.

[241] ChrParm 17, 6-16.

[242] Salimbene 283, 34-284, 5.

[243] Ibid. 258, 12-19.

[244] Ibid. 285, 20-286, 9; APG 495, 51-496, 2; 496, 6-10.

[245] APG 496, 22-23.

[246] AnCr 18, 13-15; Pomerium: Anno Christi MCCXLVIII Fredericus maximo exercitu Parmam cinxit, statuens animo eam urbem subvertere. Unde in suburbiis, ubi castra posuerat, civitatem fossis et vallo edibusque construxit, quam nominavit Victoriam, ducens animo, urbe Parme subversa, eam inclitam et populosam facere multitudine civium urbis subverse. Ei maxime Cremonenses erant subsidio, at Mantuani, Ferrarienses et ceteri qui adversabantur Frederico Parmensibus erant auxilio. Interea dum Fredericus solatio aucupii abesset a castris, cives Parmenses uno agmine portis erumpunt, novam civitatem impugnant, capiunt, diripiunt et incendunt, in qua opima spolia habuerunt. Currum quoque Cremonensium in eorum urbem traxerunt captivum. Fredericus, viso eminus fumo et re comperta Cremonam aufugit.

[247] Kantorowicz 658.

[248] O. Holder-Egger Italienische Prophetien des 13 Jahrhundert. II Neues Archiv 30 (1904) 360; vedi anche 333.

[249] Salimbene 292, 14-293, 3.

[250] Ibid. 305, 8-25.

[251] APG, 496, 28-49717; ChrParm 18, 25-19, 10.

[252] Salimbene 464, 26-465, 7.

[253] APG 497, 26-51.

[254] Kantorowicz 664.

[255] APG 498, 7-11; Abulafia 335.

[256] Abulafia 336: Lostilit dei Cremonesi verso Pier delle Vigne rivelatrice: evidentemente ne avevano avuto abbastanza dellindividuo o della sua politica. Si pu ipotizzare che delle Vigne insistesse per scaricare maggiori oneri finanziari e militari sugli alleati del Nord Italia, forsanche per dar concretezza ai poteri soprattutto mitici del vicario imperiale in Lombardia, vuoi con lobiettivo di allestire un forte esercito lealista vuoi nella prospettiva di resuscitare un regnum Italicum centralizzato: unimpresa cui Enzo, nella veste di vicario imperiale, non aveva mai messo seriamente mano.

[257] ChrParm 19, 12-14; APG 498, 26-35; Pomerium: Anno Christi MCCXLVIIII Bononienses in agrum Mutinensem duxerunt exercitum. Hentius rex Sardinie, Frederici filius ex concubina de Cremona, illuc repentinum duxit equitatum et modica requie lassis equis indulta Mutine, Bononiensium petit exercitum. Conserta itaque pugna Hentii exercitus vincitur. Ipse rex captus longa carceris honesta custodia Bononie terminum vite dedit. Nota Gualazzini Il populus di Cremona 148 nota 7: A proposito della podesteria di re Enzo in Cremona si ricordi che una attendibile fonte del XIV secolo ci fa sapere che egli, figlio naturale di Federico II, ebbe per madre una cremonese. Esatta o non che sia, linformazione degna di qualche rilievo. Vedi anche Abulafia 334.

[258] AnCr 18, 16-19; Antegnati nota 66 p. 78.

[259] Salimbene 479, 21-480, 2.

[260] Ibid. 480, 5-11.

[261] Ibid. 489, 21-25: [] patuit in rege Hencio, quando a Bononiensibus captus fuit cum Cremonensibus et Theotonicis suis. Et quidem iuste, quia prelatos Ecclesie, qui ibant ad concilium tempore pape Gregorii noni, cum Pisanis ceperat in mari Pisano.

[262] Ibid. 480, 29-482, 5: Dominus vero Guido de Sesso, qui erat maior ex parte imperii in civitate Regina, fugiens periit et suffocatus est cum dextrario suo in sterquilinio leprosorum de Mutina. Hic pessimus inimicus erat contra partem Ecclesie. Unde, cum quadam vice multi capti essent a rege ex parte Ecclesie in castro Arole, quod est in episcopatu Regino, et ad suspendendum iudicati fuissent vellentque confiteri, noluit indutias dare ut confiteri possent, sed dixit eis: Non habetis necesse confiteri, quia vos estis sancti, cum sitis ex parte Ecclesie, et sic statim ibitis in paradisum. Atque sic isto prohibente sine confessione fuerunt suspensi.

Item veniebat ad domum fratrum Minorum cum aliis malefactoribus suis, tempore illo quo inter Ecclesiam et rem publicam guerra valida erat, et congregatis fratribus in capitulo, requirebat a singulis unde essent; et habebat notarium et faciebat nomina fratrum scribi et dicebat cuilibet: Vade tu viam tuam, et tu vade similiter viam tuam, et de cetero nec in loco nec in civitate ista audeas apparere. Et sic expulerunt omnes, exceptis paucis qui locum custodiebant; quibus, quando ibant per civitatem pro suis necessitatibus mendicando, convitia et maledicta dicebant, quod litteras falsas portarent et quod proditores imperatoris existerent; nec fratres Minores nec Predicatores transeuntes per viam audebant ingredi civitatem Mutine, Regii vel Cremone. Et si quando aliqui ignorantes aliquo casu ingressi fuissent, ad palatium communis adducti sub custodia tenebantur et, pane tribulationis et aqua angustie diebus aliquibus sustentati, opprobriose de civitatibus fugabantur, expellebantur, tormentabantur et interdum interficiebantur. Nam in Cremona et in Burgo Sancti Donini tormentati sunt plures. In Mutina ceperunt fratres Predicatores qui portabant ferramenta pro hostiis faciendis et duxerunt ad palatium communis cum oppobrio magno, dicentes quod stampum portabant ad monetam falsam et reprobam fabricandam. Nec etiam suis fratribus parcebant, quorum propinqui ex parte imperii totaliter dicebantur esse et pertinaciter erant, nec non et ipsi. Nam frater Iacobus de Papia ab eis fuit expulsus et ignominiose fugatus, et frater Iohannes de Bibiano et frater Iacobus de Bersello et multi alii. Et, ut breviter dicam, in conventu Cremone omnes qui erant ex parte Ecclesie licentiati fuerunt; et ego eram presens, eo anno quo Parma civitas mea, id est ex qua natus sum, rebellavit imperio. Processu vero temporis fratrem Hugolinum de Gavaa ad portam civitatis Regii diu detentum expectare fecerunt nec permiserunt intrare, cum tamen plures fratres germanos ex parte imperatoris in civitate haberet. Quid Plura? Viri diabolici erant.

[263] Ibid. 482, 8-15: Inter quos in malicia fuit precipuus quidam Iulianus de Sesso, qui fuit dominus legum, senex et inveteratus dierum malorum. Hunc rex Hencius fecit dominum Cremone, Regii et Mutine, ut esset iusticiarius. Et fecit suspendi aliquos ex illis de Foliano et multos alios fecit interfici, pro eo quod erant ex parte Ecclesie. Et inde gloriabatur et nonnullis dicebat: Videte quomodo tractamus istos latrones. Vere iste Iulianus membrum diaboli fuit. Et ideo paralisi percussit eum Deus [].

[264] APG 498, 50-499, 2.

[265] Ibid. 499, 20-31.

[266] Antegnati nota 68 pp. 78-79: Nostre intencionis est apud portas Parme vendicare cum Cremonensibus nostris iniuriam domino nostro Federico imperatori et Cremonensibus apud Victoriam illactam. Quapropter ex nunc Parmensibus indicimus libellum, et quod tali mense et die tali erimus apud eorum civitatis portas, et siqui eorum exsploratores intersint certissime eis referant quod relata vera apparebunt, et quod ex nunc se muniant necessariis ad pugnandum.

[267] Salimbene 487, 4-18; 487, 31-488, 25; ChrParm. 19, 24-30; APG 502, 25-36; Antegnati nota 68pp. 78-79.

[268] Epp. VI: Nec ab inopina Parmensium fortuna sumatis audaciam, qui malesuada fame urgente murmurantes in invicem prius moriamur et in media arma ruamus, in castra Cesaris, absente Cesare, proruperunt; nam et hii, qunquam de Victoria victoriam sint adepti, nichilominus ibi sunt de dolore dolorem memorabiliter consecuti.

[269] Cfr. anche Salimbene 646, 33-647, 23.

[270] Cfr. anche Salimbene 648, 32-649, 6.

[271] AnCr 18, 20-20, 2.

[272] Gualazzini Il populus di Cremona 151.

[273] Kantorowicz 623: Ma anche Crema, Milano, Alessandria, Tortona e Parma appartennero al severo Signore il cui vasto dominio si sfald con la stessa rapidit con la quale era nato: solo il castello di Busseto presso Cremona (donde si erano decise le sorti della Lombardia), rest del marchese Oberto Pelavicino, quando, settantenne, mor - anchegli, a quel che si dice, rifiutando i sacramenti.

[274] Salimbene 646, 14-16.

[275] Antegnati nota 67 p. 78.

[276] Kantorowicz 679.

[277] Gualazzini Il populus di Cremona 149-50: [] si consacrava, invece, nella rinata autorit di un monarca, linfinito desiderio di pace del popolo, dedito ai suoi affari e desioso, soprattutto, di non uscire da quelle linee politiche ormai tradizionali che effettivamente avevano ridata lantica fama alla citt, pupilla di Federico, centro non trascurabile di traffici commerciali, temibile rivale di Milnao, troppo vicina per non soffrire della sicura ascesa della citt padana. sintomatico anche come Uberto Pelavicino diventi podest della citt subito dopo la caduta del Sommi in Cittanova. Non si tratta certo di mera coincidenza. Sembrava possibile il perpetuarsi attraverso di lui, diretto rappresentante dellimperatore, di quella tradizione imperiale alla quale era generalmente rimasto fedele il comune cremonese. I guelfi, che fino allora avevano ottenuto notevoli successi nel contado, trovarono in Uberto un avversario temibile, tantՏ che la sua ascesa segna il loro tramonto.

[278] Salimbene 501, 28-502, 4: Decimum et ultimum eius infortunium fuit quando audivit quod Ubertus marchio Pelavicinus melius habuit dominium Lombardorum, quam ipse unquam habere potuerit, quamvis fuerit ex parte sua. Et erat senex et gracilis et debilis et monoculus, quia, quando parvulus iacebat in cunabulis, unus gallus piavit oculum eius, id est cum rostro de capite pueri extraxit et comedit.

[279] Ibid. 502, 14-23.

[280] Ibid. 502, 31-503, 12.

[281] Ibid. 503, 15-504, 2.

[282] Ibid. 545, 15-16.

[283] Ibid. 697, 9-23: Viginti annis tenuit Cremone dominium [] Parcat ei Deus, quia multa mala fecit Parmensibus et Cremonensibus et Placentinis et multis aliis civitatibus Lombardie. Lunica monografia su Uberto linvecchiato Z. Schiffer Markgraf Hubert Pallavicini Lipsia 1910. Vedi anche G. Zanella Machiavelli prima di Machiavelli Ferrara, Bovolenta 1985 18.

[284] Salimbene 507, 18-508, 3: Ad litteram bene fecit Deus de filiis Friderici extirpando et delendo eos, quia hec fuit generatio prava [] Nota quod Fridericus quasi semper dilexit habere discordiam cum Ecclesia et eam multipliciter impugnavit, que nutrierat eum, defenderat et exaltaverat. de fide Dei nichil habebat. Callidus homo fuit, versutus, avarus, luxuriosus, malitiosus, iracundus.

[285] Ibid. 508, 5-14: Et valens homo fuit interdum, quando voluit bonitates et curialitates sua ostendere, solatiosus, iocundus, delitiosus, industrius; legere, scribere et cantare sciebat et cantilenas et cantiones invenire; pulcher homo et bene formatus, sed medie stature fuit. Vidi enim eum et aliquando dilexi [] Et ut breviter me expediam, si bene fuisset catholicus et dilexisset Deum et Ecclesiam et animam suam, paucos habuisset in imperio pares in mundo. forse il pi bel ritratto coevo che di lui ci rimanga (Pasquini 26). Si ricorder ancora che propria a Cremona Salimbene aveva potuto esperimentare di persona la grazia imperiale (Salimbene 54, 10-19): Toto tempore vite sue doluit pater meus de meo ingressu in Ordinem fratrum Minorum nec consolationem accepit. Et conquestum est imperatori, qui tunc temporis venerat Parmam, quod fratres Minores sibi filium abstulissent. Tunc scripsit imperator fratri Helye generali ministro Ordinis fratrum Minorum quod, si caram habebat gratiam suam, sic exaudiret eum, ut me redderet patri meo. Receperat enim me frater Helias, quando ad imperatorem ibat Cremonam, missus a Gregorio papa nono, anno Domini MCCXXXVIII.

[286] Salimbene 508, 29-509, 5.

[287] Ibid. 515, 29-516, 3. Cfr. anche 631, 20-21: [] more Gallicorum, qui breviter dicunt, et non more Cremonensium, qui in multiloquio delectantur.

[288] Ibid. 516, 11-24.

[289] Severino 780.

[290] Ed difficolt non solo del cronista: si vedano i mercanti ed artigiani parmensi descritti da Salimbene come estranei nel 1247 allo scontro imminente con Federico illustrata in R. Greci Salimbene e la politica parmense del Duecento, in Salimbeniana  123.

[291] O. Capitani Politica e religiosit nella Cronica di fra Salimbene Zenit Quaderni 1987, 4, suppl., 35.

[292] C. Violante Motivi e caratteri della Cronica di Salimbene Annali della Scuola normale superiore di Pisa s. 2a 22 (1953) 108-54.

[293] Capitani Politica e religiosit 35.

[294] Ibid.: [] per Salimbene il mondo - e quindi la storia e la politica che vi connessa inestricabilmente - non pi quella della profezia della fine dei tempi intesa secondo la vulgata gioachimita dopo il 1260: ma lo solo per un aspetto; che non mi pare poi tanto rilevante. Che cosa non si compiuto dopo il 1260, con o senza riferimento a Monteaperti? Non si conclusa la storia, quella storia che aveva visto grandi protagonisti, da ultimo, Federico e Innocenzo III, ma si certamente conclusa quella fase della storia che poteva avere quei grandi protagonisti.

[295] Ibid. 36: [] Federico II collocato, oltre che colto, in una tragica solitudine, che quella di un potere privo di giustificazione qualsiasi [].

[296] Ibid.: Tra i parametri che avevano accompagnato la storia fino ad Innocenzo III, non pi credibili, e quelli dellaccettazione di un esclusivo disegno di potere senza finalit esterna e senza prevedibile palingenesi, Salimbene non compie una scelta, ma indica volta per volta, nella sua costante parafrasi scritturale, la componibilit e la incomponibilit  delle diverse circostanze. la crisi cosciente - anche se espressa nella forma diaristica - di ogni storiografia universale (e non si era lontani da un Tolomeo Lucense o da un Martino di Troppau) come di ogni storiografia di parte.

[297] Salimbene 284, 24-285, 3: [] dicitur in acharia XIIII: Et erit dies una que nota est Domino. Hec dies una fuit, in qua imperator de civitate sua Victoria a Parmensibus fuit ignominiose fugatus. Quod quidem digne sustinuit, quia multos innocentes mala morte occidit. Unde Dominus, Mat. XXIII: Ex illis occidetis et crucefigetis et ex eis flagellabitis. Quod patuit in domino Andrea de Treo, qui fuit nobilis miles de Cremona, et in Conrado de Berceto, qui clericus erat et probus in armis, quos diversimode tormentavit et cum igne et aqua et suplitiis variis.

[298] Ibid. 303, 15-304, 10: Innocentius papa Fridericum deposuerat ab imperio, et Parmenses rebellaverant contra ipsum, insuper et de civitate sua expulerant et opprobriose fugaverant, et Victoria civitatem suam quam iuxta Parmam fecerat omnino destruxerant, ita ut nullum penitus de ea remaneret vestigium. Et ideo ex omnibus istis iniuriis impatientissimus erat factus et, veluti si ursa raptis fetibus in saltu seviat, totus inflammatus ad iram et in furorem conversus. Nam post fugam ivit Cremonam et postea venit ad Torrexellam et circa Parmam versabatur et faciebat mala que poterat et que facere non poterat minabatur. Et multa mala fecit antequam rediret in regnum, ut infra dicemus et ut in alia posuimus cronica. Cognoscens igitur papa quod Fridericus maximus persecutor esset Ecclesie et quod venenum libenter, si posset, effunderet, ed de persona sua non modicum timens, misit rogando regem Francie quod suum differret passagium, quousque cognosceret quid de Friderico finaliter faceret Deus. Allegabt preterea quod in Ytalia multi infideles et pessimi atque perversi et pestilentes homines versabantur, viri inopes et latrocinantes et era alieno oppressi, qui congregati cum Friderico eum quasi principem sequebantur et bona eccesiastica dissipabant [] Et misit dicendo quod committeret papa factum Friderici divino iuditio, quia Deus est qui gradientes in superbia potest humiliare, ut habetur Dan. IIII. Nam hunc humiliat et hunc exaltat, quia calix in manu Domini vini meri plenus misto. Varius enim est eventus belli, et nunc istum, nunc illum consumit gladius [].

[299] Ibid. 527, 10-528, 34.

[300] Ibid. 533, 3-4.

[301] Sul valore esemplare della famiglia Traversari nella cronaca di Salimbene G. Petti Balbi Lignaggio, famiglia, parentela in Salimbene, in Salimbeniana 41

[302] Salimbene 533, 35-536, 26.

[303] Ibid. 537, 4-14.

[304] M. C. De Matteis La coscienza comunale nella Cronica di Salimbene de Adam Zenit Quaderni 1987, 4, suppl., 40-41: [] se il suo apprezzamento per Federico II rimane circoscritto a quelle virt cortesi che meglio rispondono allideale cavalleresco coltivato da Salimbene, ci non implica necessariamente una valutazione marginale della grandezza politica dello Svevo che il Frate giudica s: valens homo, quando voluit bonitates et curialitates ostendere, solatiosus, iocundus, delitiosus, industrius (p. 505) ma sostanzialmente avido e avaro e soprattutto colpevole di aver prodotto allinterno e allesterno dei comuni italiani malesseri sociali e fratture insanabili, generatrici di guerre e di violenze.

[305] Salimbene 550, 13-31.

[306] Ibid. 631, 29-632, 2.

[307] Ibid. 857, 17-858, 24: [] Vidi diebus meis quod Parmenses qui ex parte imperii erant in Burgo Sancti Donini rogaverunt concives suos Parmenses, qui erant in civitate, quod reciperent eos ad pacem, et factum fuit ita. Qui ingressi volebant cum parte ecclesiastica de pari contendere. Et sic multiplicatis litigis hinc inde iterum fuerunt expulsi [] Simile accidit Bononiensibus, Mutinensibus et Reginis, simile etiam Cremonensibus. Nam cum hi qui ex parte imperii erant in Cremona cum magna alacritate et honore recepissent concives suos, ipsi post unum mensem fraudulenter et malitiose mala reddiderunt pro bonis, quia pars ecclesiastica aliam partem turpiter expulit et fugavit [] Igitur istas partes et divisiones et maledictiones Federicus imperator in Italia seminavit, que usque hodie durant, nec finiri nec terminari possunt propter hominum pravitatem et diaboli iniquitatem [].

[308] De Matteis 43: Anche il governo di uno solo trova manifesta ostilit da parte del Frate che in esso vede una potenziale tirannide, mentre listituzione comunale, tutto sommato, a dispetto dei limiti e delle contraddizioni che la distinguono, doveva apparirgli come la pi affidabile, certamente pi funzionale di quel governo signorile che in qualche modo andava gi delineandosi e a cui Salimbene, esperto conoscitore della natura umana, guardava con sospetto.

[309] Ibid. 44: Salimbene ha, senza dubbio, buona conoscenza dei fatti che riporta e grande consapevolezza dei mali del suo tempo, ma ben lontano dal suggerire rimedi o dallipotizzare soluzioni alternative.

[310] L. Gatto Il sentimento cittadino nella Cronica di Salimbene, in La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento Todi, Accademia Tudertina 1972 (Convegni 13) 367-94.

[311] De Matteis 45: [] la proposizione di uno spirito municipale, che persegue il bonum commune, la publica utilitas sostanzialmente attraverso il recupero totale dellindividuo, del singolo; al limite del nichilismo lopinione di A. I. Pini Bologna e la Romagna nella cronica sive Liber exemplorum ad usum praedicantium di Salimbene de Adam, in Salimbeniana 177: di questa storia Salimbene non sa o non vuole dare alcuna particolare interpretazione (politica o religiosa o sociale), ma si limita per lo pi a raccontarla. Proiettata nel dialogo/confronto tra cultura biblica e personalit del frate la visione di G. Scalia Coscienza storiografica e cultura biblica nella Cronica di Salimbene, ibid. 213: Scrivere storia, in tal modo, anche raccontare la propria storia.

[312] B. Smalley Storici nel Medioevo Napoli, Liguori 1979 (Nuovo Medioevo 8) 212: Egli non ha messaggi n religiosi n politici, a meno che non sia messaggio il fatto che un buon francescano pu rallegrarsi anche del solo fatto di vivere.

[313] G. Ortalli Cronache e documentazione in Civilt comunale: libro, scrittura, documento Genova, Societ ligure di storia patria 1989 536-39.

[314] Sulla cui tradizione vedi Gui. e M. P. Billanovich, G. P. Mantovani, E. Necchi Epigrafia a Padova. I. E. NecchiUna silloge epigrafica padovana: gli Epigramata illustrium virorum di Johannes Hasenbeyn  Italia medioevale e umanistica (= IMU) 35 (1992) 165. Edito in R. Morghen La fine della potenza sveva in Italia Roma-Milano 1946, 121, n. 2, anche ai ff. 29r e 297r del codice Class. 93 (ex. N.I.10) della Staatsbibliothek di Bamberga (A. Sottili I codici del Petrarca, I, IMU 10 (1967) 445 e 452). Ricordano Malispini attribu il testo ad un certo chierico Trottano, del tutto a noi ignoto (Storia fiorentina di Ricordano Malispini ridotta a miglior lezione e con annotazioni illustrata da V. Follini, Firenze 1816 116); Ma il testo completo riportato dal solo Riccobaldo (Riccobaldi Ferrariensis sive alterius anonymi scriptoris Compilatio chronologica usque ad annum MCCCXII RIS 9 249).

[315] Nota 58 pp. 76-77.

[316] Nota 57 p. 76.

[317] Nota 59 p. 77.

[318] Nota 60 ibid.

[319] Nota 61 ibid.

[320] Nota 65 p. 78.